I due libri che il gruppo di lettura ha letto quest'estate sono così diversi ed entrambi meritano (per opposti motivi) alcune considerazioni non frettolose che ho deciso di dedicare a ciascuno un post. Del primo, Rinascimento Privato, ho già parlato qui.
Il secondo libro era Ghiaccio Nove di Kurt Vonnegut.
Si è commentato, ieri sera, che è questo un libro un po' dimenticato, sarà la copertina che fa pensare più a un romanzo rosa, sarà il fatto che non è un romanzo facilmente inquadrabile. Si tratta di una sorta di fantascienza distropica intrisa di humor nero (o di humor nero e cinico vestito da fantascienza distropica). Si racconta di uno scrittore alla ricerca dei tre figli di uno dei padri della bomba atomica, in un mondo realistico e bislacco insieme. Scoprirà che essi conservano l'ultima invenzione del padre, una molecola di ghiaccio (il ghiaccio nove, appunto) in grado di far congelare istantaneamente tutti i liquidi della terra. Con i tre figli dell'uomo finirà in un'isola tropicale, molto più infernale che paradisiaca, dove la stupidità umana, più che la malizia darà inizio all'apocalisse.
Un poco fuorviante è il titolo italiano, che punta l'attenzione sulla scoperta dello scienziato. Quello originare suonerebbe come "il canestro del gatto" e fa riferimento a un gioco più volte nominato del libro, che diventa metafora della mancanza di senso del mondo. E, del resto, questo romanzo, tutto giocato sul dramma estremo raccontato come se fosse una barzelletta, non fa che ragionare sulla verità e la menzogna.
Il romanzo si apre con la frase "niente è vero, in questo libro" ed è percorso dalle frasi del santone Bokonon, fondatore del Bokononismo, religione segretamente diffusa nell'isola in cui la seconda parte del romanzo è ambientato. Bokonon sostanzialmente dice tutto e il contrario di tutto, per ribadire il concetto che non c'è alcuna verità assoluta a cui l'uomo può giungere:
Alla tigre tocca cacciareAll'uccello tocca volare
All'uomo tocca chiedersi: "Perché? Perché? Perché?".
Alla tigre tocca dormire
All'uccello tocca posarsi
E all'uomo raccontarsi
Che è ancora in grado di capire.
La cosa strana è che quasi tutti i presenti alla riunione (me compresa) hanno trovato un sacco di verità nelle parole di Bokonon e nel bokononismo. In particolare io ho trovato un sacco di verità in questo libro.
Questa descrizione dell'umanità cinica e comica, intrisa di un umorismo disperato, quello di chi non può far altro che ridere vedendo la tragedia che si prospetta all'orizzonte ineluttabile, ha vette li lirismo e squarci di lucidità inaspettate.
Io non sono una fan delle citazioni, di solito non sottolineo i libri che leggo per ricordarne le esatte parole, ma con Ghiaccio Nove ho avuto più volte l'istinto di farlo. Viene da qui la riflessione a cui ho dedicato un post qualche giorno fa:
Come muore un uomo quando viene privato della consolazione della letteratura?
In uno o due modi, per pietrificazione del cuore o per atrofia del sistema nervoso.
Ma è sempre il Ghiaccio Nove che ho trovato una delle più belle definizioni del mio rapporto col Nik:
Una duplass è un valido strumento per acquisire e sviluppare, nell'intimità di un'interminabile storia d'amore, dati di conoscenza che sono strani ma veri.
Ora, pensando all'amore che condivido con il Nik per le informazione bizzarre ma vere, mi è sembrato strano vedere descritto in termini così chiari e insieme così teneri, quella che è effettivamente una nostra caratteristica.
Potrei continuare, Ghiaccio Nove è uno strano libro che racconta il peggio dell'umanità attraverso il comico e il falso, per gettare ogni tanto lampi di spiazzante verità.
Non è solo questo, però, il fascino del romanzo, gli spunti di riflessione sono molti, la guerra, la stupidità, la solitudine, le cose che si fanno per l'illusione di un amore (alla fine tutti e tre i figli barattano la molecola per una storia d'amore illusoria). Mi ha colpito particolarmente il discorso sulla religione.
Bokonon si inventa santone per distrarre una popolazione prostrata dalla povertà. Si inventa la leggenda, in realtà costruita a tavolino, del santo che vive nella giungla, ricercato dal dittatore che vuole la sua testa. Eppure la sua finzione diventata una vera religione, non priva di fascino persino per i lettori, come se, anche in questo caso, una verità trascendesse le menzogne. O se le menzogne credute verità acquisissero una forza non in virtù di un loro senso assoluto, ma per la percezione delle persone che le considerano vere.
Ancora una volta il gruppo di lettura mi ha fatto scoprire un autore e un libro a cui non mi sarei avvicinata, facendomi scoprire un libro solo apparentemente facile, per nulla immediato, che raggiunge lampi di verità attraverso la menzogna dichiarata.
Sicuramente da riscoprire.
A questo punto, però, mi è venuta anche la curiosità di chiedervi in quale libro avete trovato inaspettatamente una frase che sembrava parlare di voi.
è capitato spesso poi magari me ne dimentico.
RispondiEliminaNe Le correzioni di Franzen c'era tanto di mio padre per cui sembrava proprio che parlasse a me per consolarmi dalla recente perdita, anche se leggerlo mi faceva addolorare ancora di più, infatti mi era stato raccomandato di non leggerlo in quel momento ma io non avevo dato retta all'amica. E alla fine il romanzo mi ha aiutata a elaborare il lutto. Sandra
I libri aiutano anche a questo.
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