sabato 4 novembre 2017

Come giudico un libro



È già da un po' che sto ragionando a un post su come io giudico i libri che leggo (anche ad uso degli incauti che mi propongono di recensire le loro opere).
Credo sia inevitabile partire dalle aspettative, perché del resto è così in ogni campo di giudizio. Ci sono volte in cui mangio alla mensa della scuola. Non ho certo le aspettative di quelle rare volte in cui mi capita una cena in un ristorante stellato. Se non è scotta, troppo salata o al contrario insipida, la pasta della mensa è "buona" e faccio i complimenti alla cuoca, consapevole che cucinare a basso costo per decine e decine di persone non è affatto facile. Ci vuole persino più tecnica che per cucinare per quattro gatti avendo a disposizione attrezzature super raffinate. Lo stesso piatto, quindi, propinatomi per altro a un costo ben diverso in un ristorante stellato lo tirerei dietro allo chef. 
Un giudizio, quindi, quale che sia, parte sempre in qualche modo dalle aspettative di chi giudica.

Le mie aspettative nei confronti di un libro sono essenzialmente due:
INTRATTENIMENTO
RIFLESSIONE

Non è detto che le due cose debbano essere distinte, anzi, i miei libri preferiti sono quelli che mi fanno riflettere mentre mi intrattengono, ma almeno una delle due cose un romanzo me la deve offrire.

Quando si legge per puro intrattenimento il gusto personale ha un peso enorme. Per questo trovo per certi versi pretestuose alcune critiche a Moccia, Volo o a quella delle 50 Sfumature basate essenzialmente sul gusto. Come io ho il sacrosanto diritto di intrattenermi, come ho appena fatto, con Marco Malvaldi e il suo Nell'occhio di chi guarda, altri hanno il sacrosanto diritto di intrattenersi con Fabio Volo. 
Questo non vuol dire che "va bene tutto e tutto è soggettivo".
Può essere emesso un giudizio tecnico nei confronti della scrittura, della struttura della storia e del genere di appartenenza. Anche perché non è affatto vero che un romanzo di intrattenimento sia facile da scrivere. Provateci voi a scrivere un Harmony, vi assicuro che non è facile.
Bazzicando io il genere giallo, posso quindi dire se un giallo è più o meno riuscito di un altro da un punto di vista tecnico, se più o meno scontato capire chi sia l'assassino, le l'indagine è credibile, se l'approfondimento psicologico dei personaggi è sensato in quel tipo di storia, se lo stile ha quel guizzo che gli permette di distinguersi dagli altri. 
Quando poi ho due gialli ugualmente riusciti in mano, uno mi piacerà di più, magari l'altro non mi piacerà per niente. Lì entriamo nel mondo del gusto personale, per cui Marco Malvaldi quasi sempre mi piace e Gianni Simoni ha tutta la mia simpatia umana e la mia stima professionale, ma non sono mai riuscita a finire con gusto uno dei suoi gialli. Su Malvaldi o su Simoni il mio giudizio è essenzialmente tecnico, sono a mio avviso due grandi giallisti, però, per carità in queste sere datemi un Malvaldi.

Diverso è il caso di un romanzo che non si proponga come puro intrattenimento.
Un romanzo che si propone (o viene proposto dall'editore) come "un libro importante" o "destinato a durare" ha il dovere di portare la mia mente su sentieri che non avrebbe intrapreso da sola.
Non deve essere una lettura divertente. 
Non deve essere una lettura facile.
Non devo trovare simpatico il protagonista.
Non devo essere d'accordo con il pensiero dell'autore.
Devo essere stimolata, attraverso il percorso narrativo che mi propone a formulare pensieri nuovi, a soffermarmi su fatti, luoghi del mondo, periodi storici, problematiche che non avrei affrontato autonomamente. Deve spingermi a schierami, farmi arrabbiare, rattristarmi, smuovermi emozioni profonde. Deve infilarsi nella mia testa e costringermi a vedere il mondo con gli occhi dell'autore, anche per rendermi più consapevole che il mio pensiero è totalmente diverso.
Per questo credo che "carino" e "piacevole" siano parole che calano come pietre tombali sopra dei libri che non si pongono come puro intrattenimento. 
"Carino" va bene per un Harmony non troppo riuscito, che mi ha comunque alleviato il tedio di un viaggio in treno troppo lungo, non certo per un romanzo di un premio Nobel.
"Picevole" è già svilente per un romanzo di Marco Malvaldi da cui mi aspetto "sommamente divertente", per un romanzo che si pone come una rivelazione della letteratura mondiale è una stroncatura bella e buona.

Mi rendo conto di non essere una lettrice facile. 

La lettura è un investimento non indifferente di tempo e di energie mentali. 
Se voglio essere intrattenuta voglio essere intrattenuta con un libro tecnicamente ineccepibile e che rispetti il mio gusto. 
Se invece mi si pone davanti una "lettura impegnata", ebbene deve essere all'altezza dell'impegno che mi richiede e portarmi dove la mia mente da sola non sarebbe andata.
Non ho tempo né energie da dedicare a libri carini, piacevoli e insapori.

Voi come giudicate un libro?

26 commenti:

  1. Siamo perfettamente in linea. Tipo: se scrivi racconti e romanzi sulla montagna come autopublicato, mi sta bene che ti spertichi in descrizioni delle Alpi e sopporto i tuoi personaggi bidimensionali nonché il tuo panegirico sul Nepal, ché so che non ci sei mai stato e ti piacerebbe tanto andarci. Se però ti presenti a me come vincitore del più prestigioso premio italiano, paragonato a Pavese da alcuni bevitori di un noto liquore, allora lascia che ti sputi in un occhio.

    Se a qualcuno questo esempio del tutto immaginario ha ricordato Cognetti, sappia si sbaglia ma che, a breve, stroncherò "Le otto montagne" sul mio blog. :)
    Comunque, riportato in libreria Cognetti (e meno male, perché è un libro per cui - a posteriori - non spenderei un euro) ho preso Vonnegut: c'è la stessa distanza che c'è tra me e Roth. Per dire, eh.

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    1. Vonnegut a me è piaciuto un sacco, perché mi ha colpito allo stomaco, anche quando proprio non ero d'accordo con lui. Cos'hai preso?

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    2. Mi rileggo e penso: "oddio, come sono diventato internescional. Dico libreria e intendo biblioteca."
      Cioè, non penso esattamente così. Il concetto è quello ma la scelta dei lemmi ricade molto nel serbatoio dei termini scurrili. ;)

      Ho preso "mattatoio n. 5": era una vita che lo volevo leggere. È bellissimo.

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    3. A me manca, ma confido di recuperare a breve.

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  2. Direi che di qualsiasi genere sia mi deve emozionare. Talvolta anche portare lontano nello spazio e nel tempo ma non è il primo obiettivo. Leggerò Vonnegut a sto punto.

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    1. Sì, colpa nella mia mente raziocinante se ho lasciato fuori la parola "emozione", che è centrale. È un po' legata a quello che cercavo di spiegare sulla letteratura di intrattenimento. Può essere che una cosa ben scritta emozioni me e non te. Siamo, come è giusto che sia, sensibilità diverse. Questo non toglie che entrambe siamo anche in grado di dire che quella cosa è ben scritta, anche se magari non ci emoziona.
      Ci sono anche libri molto celebrali che danno qualcosa. Magari li leggo con fatica, ma qualcosa mi resta in termini di ragionamento. Ed è molto meglio di niente.

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  3. Anche io mi ritengo una lettrice di gusti difficili, capisco quello che vuoi dire. Mi sembra che sia tutto molto soggettivo con i libri. Ho visto criticare libri che a me hanno regalato emozioni fortissime e mettere recensioni a cinque stelle a pessime storie. Ma non ha senso criticare i gusti altrui, ognuno di noi ha i suoi parametri di giudizio e le sue preferenze. A me un libro deve prima di tutto coinvolgere emozionalmente, a prescindere dalle intenzioni dell'autore.

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    1. Sono in parte d'accordo con te.
      Come scrivevo prima, ho un po' tralasciato la parte emozionale, che è fondamentale. Inoltre questo post vuole essere principalmente un avviso a chi mi chiede una recensione.
      I gusti sono personali e personali sono le sensibilità, tanto più è vero tanto più si legge un libro per proprio piacere (cosa sacrosanta, bellissima e tra l'altro quanto è difficile scrivere un buon libro di intrattenimento).
      Però credo che un lettore un minimo accorto possa dire "questo libro è ben scritto, funziona, i personaggi sono ben approfonditi, ma a me, in questo momento della mia vita non ha appassionato, non è quel che cerco e quindi a me non è piaciuto". Dare una stellina o cinque solo sul gusto personale mi sembra una cosa accettabile dai miei alunni di 11 anni, noi che diciamo di masticare un po' di letteratura dovremmo saper anche un po' scindere le due cose (Gianni Simoni è bravissimo, ma io, in questo momento, con i suoi romanzi non mi emoziono. Mai e poi mai gli metterei una stellina).

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  4. Concordo totalmente con Maria Teresa.
    sinforosa

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  5. Da un libro mi aspetto che mi lasci qualcosa, che dopo averlo terminato mi faccia riflettere e che mentre lo leggo mi estranei dalla realtà, tanto sono presa. Facile, no? Tutt'altro. Ognuno di noi ha una sensibilità diversa. C'è chi "gode" per motivi diversi. Come dici non è bello se ti ritrovi la sensazione che le tue aspettative su quel libro siano smontate. Non mi piace altresì che con insistenza si abbiano dei pregiudizi su scrittori, considerati da alcuni di serie b. Per questo non entro mai in discussioni sterili per partito preso che quell'autore scriva male. Di solito lo dicono senza neppure averlo letto, lo abbattono perché non è un classico, o non è solo scrittore o è commerciale ai loro occhi. Io vedo l'opera, non chi l'ha scritto. Concordo anch'io con Maria Teresa sul fatto della soggettività. Asserisco che è buona norma che sia un libro ben scritto da tutti i punti di vista, ma talvolta il "ben scritto" non sempre dá emozioni. Una bella torta, ma ha un cattivo sapore. Si spera sempre che sia bella e buona.

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    1. Sì, mi ritrovo nel tuo ragionamento.
      Innanzi tutto un'opera, un libro, ma anche un film o una canzone vanno giudicati in base agli obiettivi del loro autore.
      È una commediola romantica che esce per San Valentino? Fa sorridere e un po' commuovere? Sì, allora obiettivo centrato, agli Oscar mandiamo qualcun altro, ma se si cerca quella cosa lì vale la visione, se non la si cerca si guardi altro.
      Io ad esempio non penso che Dan Brown scriva male. Fa un lavoro di intrattenimento e lo fa dannatamente bene. Io ho provato a iniziare "Il codice da Vinci" e l'ho trovato di una noia abissale, ma è una percezione mia. Il codice da Vinci è intrattenimento e come tale funziona.
      È leggermente diverso se leggo "I promessi sposi". Ho il sacrosanto diritto di trovare Lucia antipatica a Fra Cristoforo pesante, di non essere d'accordo con Manzoni su molti punti. Ma ci sono riflessioni a cui il libro mi porta che fanno sì che il mio giudizio (positivo o negativo che sia) non possa basarsi solo sul mio gusto personale.

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  6. Seguo un principio simile. Un libro è bello se soddisfa lo scopo che si prefiggeva. Se leggo Sophie Kinsella di sicuro mi aspetto una storia leggera, simpatica e divertente. E se sono consapevole che un libro della Kinsella non potrà mai essere un libro da 10 ma solo da 7, però quel 7 vale pienamente come un 10 per un libro di Milan Kundera, dal quale però mi aspetto molto ma molto di più di una storia leggera e simpatica.

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  7. Il gusto personale in un giudizio conta molto e anche le aspettative, certo. Io, per esempio, in un libro cerco una buona ricetta che favorisca la mia piena immedesimazione. Quando finisco di leggere un romanzo, ma anche un capitolo o solo una pagina devo trattenere un’inquietudine che mi distrae almeno per la prima mezz’ora. Devo, voglio rimanere in quella storia, sentirmi parte di essa, essere il personaggio principale o quello secondario, chiunque mi tenga lì dentro il più a lungo possibile. Se anche il libro più bello, del grande autore, straosannato dalla critica, mi lascia indifferente, per me quella lettura vale molto poco, a prescindere da bravura ed eccezionalità di chi scrive.

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    1. Come per altri commenti sono d'accordo e non d'accordo.
      Ci sono libri che leggo per entrare nella storia e allora mi ritrovo perfettamente nel tuo discorso.
      Adesso però sto leggendo Hemingway e io so già, da esperienze precedenti che con Hemingway, sopratutto se scrive di se stesso, non empatizzo. Fatico molto a entrare nel suo mondo. Ma spero (spero, sono a pagina 20 e quindi ancora non so) che mi porti a riflettere su qualcosa, faccia nascere in me un pensiero che da solo non sarebbe nato. Spero si tratti di uno di quei libri che a rigore non posso dire mi sia piaciuto, ma che sono contenta di aver letto.

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  8. Un libro deve farmi pensare ed emozionare, se riesce in questo per me è un buon libro, soprattutto se, quando l'ho finito di leggere, la vicenda raccontata continua a restare nella mia testa, come afferma Marina nel suo commento. Un libro che ti resta nella mente vuol dire che lascia un segno.

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    1. Assolutamente sì.
      Però penso che possano essere casi in cui un libro a me non dice nulla, ma riconosco che sia un buon libro. Mi è capitato ad esempio con "La bussola d'oro". A me non è piaciuto e lo ricordo con estrema difficoltà. Però riconosco le qualità del libro e se un alunno, ad esempio, mi dicesse che vuole iniziarlo sarei la prima a dirgli di leggerlo.

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  9. "Non devo trovare simpatico il protagonista.
    Non devo essere d'accordo con il pensiero dell'autore."

    Per me invece è il contrario. Ho letto un romanzo in cui ho odiato il protagonista e quel romanzo non m'è piaciuto né mi ha comunicato qualcosa.
    Sulle idee dell'autore ci sarebbe tanto da dire. Ma se sono opposte alle mie, dubito che leggerò quell'autore.

    Se devo leggere, per me la lettura deve essere un piacere (inteso in senso generico), se invece il libro mi fa arrabbiare (ma per cosa, poi?), allora lascio perdere. Mi arrabbio già facilmente per conto mio e anche per un nonnulla :)

    Anche io sono di gusti difficili, ma non ti so dire come giudico i libri, perché dipende dal libro in questione, da cosa mi aspetto, da come è scritto, da quanto mi coinvolge, ecc.

    Per fare un esempio di cui avete parlato, Mattatoio 5 non m'ha coinvolto per niente e ha preso una sola stella su 5 su Goodreads. Ci sono stati altri libri esaltati da molti che per me si sono rivelati pessime letture, come Finzioni e Il signore delle mosche.

    In breve a me un libro deve lasciare qualcosa dentro, ma soprattutto deve restarmi dentro la storia che racconta, insieme ai personaggi, alla musicalità dello stile. I 3 libri che ho citato non hanno lasciato proprio nulla.

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    1. Non sono d'accordo col pensiero di Manzoni e Renzo e Lucia mi stanno antipatici, ma il libro è un gran libro, superata la noia scolastica, mi lascia molto in termini di riflessioni, anche di emozioni e di aprirmi a un mondo diverso dal mio, sia quello della storia che quello di Manzoni.
      Ecco, credo che alcuni libri, compresi quelli che citi, vadano letti con questo spirito. Mattatoio n°5 ancora non l'ho letto, ma se siamo dalle parte di Ghiaccio 9, allora è un libro che oggettivamente funziona, può non piacere, ma non può avere lo stesso voto, per dire, di un romanzo sgrammaticato la cui trama è la copia carbone di qualche altro libro o film noto.
      Può non piacermi, che è diverso da "è un brutto libro di cui sconsiglio a tutti la lettura"
      Sono esempi estremi, ovviamente, ma io la penso così.

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  10. Non potrei esprimermi meglio di quanto tu abbia già fatto. Purtroppo è capitato che le mie aspettative (alte) nei confronti di determinati scrittori, come ad esempio i premi Nobel, sono state spesso disattese.

    Comunque quello che non capisco nella recensioni, specie in quelle condensate in poche righe, sono i giudizi lapidari e distruttivi. Una recensione, specialmente se negativa, va sempre bene argomentata.

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    1. Assolutamente. E va disgiunto il gusto personale e il sacrosanto diritto di dire "a me non è piaciuto" con un giudizio il più possibile obiettivo sul libro.

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  11. Una riflessione interessante, quella che hai smosso con questo post...mi sono dovuta domandare anch'io quando, effettivamente, un libro mi piace.
    Penso che per me sia importante riuscire a entrare completamente nel mondo trasposto dall'autore, e per farlo mi deve piacere in primis com'é scritto.
    Ho abbandonato cumuli di romanzi perché la prosa non mi parlava, non riuscivo a staccarmi dalla pagina stampata e volare verso la fantasia della narrativa. Poi, ovviamente voglio delle emozioni, ho bisogno di "sentire" i personaggi e immedesimarmi nelle loro storie. Sono un'empatica per cui, di norma, se il libro fila ci riesco senza sforzo. Il massimo, poi, é sorprendermi con riflessioni che mi toccano da vicino e che, senza quella particolare lettura, non avrei mai scoperto.
    Detto questo, a parer mio non mi sembra di essere di gusti facili ma, nonostante questo, spesso riesco a trovare tutto ció che cerco in un solo libro....e mi sento fortunata :)
    Nika

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    1. Il bello della lettura è che premia anche noi che non abbiamo gusti facili!

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  12. Molto bello il discorso sulle aspettative proporzionali alle situazioni.
    Sembra così "banale" nella teoria, ma è molto più difficile attuarlo.

    Altrettanto interessante il discorso sulla tecnica e sul gusto.
    Però, mentre sul gusto non disputandum :P sulla tecnica ho sempre qualche dubbio.
    Partiamo dal presupposto che io sono un lettore "semplice", che non ha alcuna minima infarinatura sulle tecniche di scrittura.
    Quello che mi chiedo spesso e volentieri è: "ma questa fantomatica tecnica, chi la stabilisce?"
    Non dico che i critici si basino tutti su "fuffa intellettuale", ma alle volte il confine è davvero molto labile.
    Penso che tutti (chi più, chi meno) sappiano riconoscere un buco nella trama o esultare con un "ma tu guarda cosa si è inventato!", senza bisogno di particolari conoscenze.
    Vado più a sensazione, ecco, tagliando la testa al fantino*** per puntare la mia attenzione solo su quello che dovrebbe contare di più cioè il contenuto.
    Sono di bocca buona, lo riconosco, ma credo di saper riconoscere una schifezza nel caso :P


    ***Durate una gara di dressage, affiancavo una signora giudice che, conoscendo ormai tutti i fantini in gara, mi disse di utilizzare questa "tecnica" per evitare condizionamenti e favoritismi.

    PS: ho qualche commento in sospeso da queste parti, vedrò di recuperare quanto prima ;)

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    1. Al corso di critica cinematografica che seguii anni fa, mi fu data una risposta che credo si possa utilizzare anche per i romanzi, con i debiti aggiustamenti:
      "Un film è un buon film quando tutti gli elementi utilizzati sono coerenti con il messaggio che il regista vuole veicolare, quale che sia. Anche "nulla ha senso". Un film è ottimo quando almeno alcuni elementi oltre che coerenti sono usati in modo innovativo"

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