mercoledì 1 novembre 2017

Piovono Libri – Volo di notte

Questo mese il gruppo di lettura ci ha portato a librarci con i piloti del servizio postale notturno di Volo di notte di Antoine de Saint-Exupéry.
Purtroppo non non ho partecipato alla riunione, era già qualche giorno che si dormiva poco, forse a causa dei prodromi di una tonsillite della pupattola esplosa poi lunedì. I miei fidi compagni di letture, però, mi hanno recapitato foto e riassunto i commenti.

Come il solito mi ha colpito la mia ignoranza, dell'autore conoscevo solo Il piccolo principe e non avevo mai letto altro.
Da ignorarte sono stata colpita dal fatto che il racconto abbia, a mio avviso, il proprio cuore più a terra che in cielo.
Si narra infatti di una lunga notte in un servizio postale aereo notturno sudamericano. Ci sono tempeste di sulle Ande. Qualcuno arriverà a destinazione, qualcuno no. Qualcuno si preparerà a partire a sua volta. Delle mogli attenderanno. La gran macchina organizzativa non dovrà smettere di funzionare.
Tra i personaggi quello che mi ha colpito di più è senza dubbio Rivière, il responsabile della rete di trasporti, che deve far sì che tutto funzioni. Per ottenere il risultato si disumanizza, reprime i propri sentimenti, chiede ai suoi diretti sottoposti di fare altrettanto e tratta gli altri come ingranaggi. La perdita di un pilota è, prima che un dramma umano, un pericolo per il sistema, che deve essere salvaguardato ad ogni costo. 
Mi ha colpito il fatto che il giudizio implicito dell'autore su di lui non sia negativo. Il buon Antoine, lo sapevo perfino io, ha fatto parte di un servizio postale aereo, occupandosi di voli notturni ed è poi scomparso insieme al proprio veivolo durante la seconda guerra mondiale. 
Il libro, che è un po' eccessivo definire "romanzo", con le sue cento pagine non proprio fitte, è dedicato a tale Didier Daurat, capo del pilota Saint-Exupéry e, almeno secondo la mia edizione, ispiratore del personaggio di Rivière.
Ecco, mi ha fatto una strana impressione il fatto che l'autore presenti sotto una luce quasi eroica un uomo che in nome di una chissà quale idea di progresso porta i suoi sottoposti al limiti e non li mette in condizione di prendere tutte le precauzioni necessarie per la loro sicurezza (già comunque precaria per gli aviatori di quegli anni).
Ai miei occhi la durezza di Rivière non può essere in alcun modo giustificata, sopratutto quando a farne le spese è la vedova di un pilota o un sottoposto la cui unica colpa è quella di cercare un poco di amicizia. L'autore, però, la vedeva evidentemente in modo diverso. Senza Rivière i piloti non avrebbero dato il massimo, non avrebbero scoperto cosa potevano davvero fare e a star davvero a pensare al costo umano forse non si sarebbero mai autorizzati i voli notturni. Mi ha ricordato certi allenatori nei cartoni animati giapponesi sportivi, che erano evidentemente dei sadici ma venivano elogiati in nome dei risultati che portavano alla squadra o alla nazione.
Questo mi ha lasciato una grande tristezza. Perché forse sono proprio i Rivière che portano l'umanità sulla strada del progresso eppure io non riesco a convincermi che sia una strada giusta.

Mi ha colpito sapere che nella riunione non si sia parlato tanto di Rivière, quanto del pilota disperso nella tempesta. Dei rischi che si prendono scegliendo attività estreme. Se sia giusto, nel caso si facciano certe scelte di vita, costruire una famiglia.
Ovviamente non ho risposte, ma sono figlia di un alpinista di livello (che infatti in montagna ha lasciato la salute della sua schiena) e l'unica altra vita che vorrei è forse quella dell'alpinista (ho provato, ma alla fine non fa per il mio fisico e ho troppo istinto di autoconservazione). 
Però capisco, in un modo viscerale che è difficile esprimere a parole, cosa si possa provare di fronte all'ignoto e all'estremo. Chiunque si avvii su una simile strada sceglie per sé una "soglia di rischio accettabile", all'interno della quale mette in atto tutte le misure di sicurezza possibili, pur sapendo che nel caso qualcosa andasse davvero storto si può solo accettare il destino (c'è una scena del film Rush che mette ben in luce quello che intendo, quando Lauda dice che accetta il 2% di probabilità di incidente mortale, ma non di più). Il pilota, una volta che tutto è andato storto, non ha davvero scelta, c'è solo ineluttabilità, non onore o disonore. 
Non riesco in alcun modo a rimproverarlo, né a elogiarlo. Mi chiedo solo se l'ossessione di Rivière non gli abbia fatto prendere decisioni tali da fargli innalzare quella "soglia di rischio accettabile".

Alla fine non posso dire che questo libro mi sia piaciuto. In parte perché l'ho trovato troppo lungo per l'esile storia che racconta, in parte perché non posso che essere in disaccordo col punto di vista dell'autore.
Non posso fare a meno, però, di confrontarlo con Le otto montagne, che ho letto in contemporanea. Volo di notte non mi ha esaltato, ma mi ha dato spunti per riflettere, per mettere in discussione il mio pensiero e se avessi partecipato alla seduta avrei discusso animatamente. Le otto montagne no. Lascia una vaga impressione, poco più di un retrogusto, che già scompare. In questo, al di là dei gusti personali, del "mi è piaciuto" oppure no, sta, per me, tutto il peso della letteratura.

4 commenti:

  1. Sembra comunque interessante.
    sinforosa

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  2. Conoscevo l'esistenza di questo libro, pur non avendolo mai letto. Nella foto oltre ai cerchietti di Halloween, vedo un'interessante edizione Oscar Mondadori piuttosto datata. In effetti il valore di un libro si misura anche in quanto riesce a farci discutere e confrontare sui temi proposti.

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