domenica 30 novembre 2014

A tu per tu con l'uomo meccanico di Manzetti


Ho già avuto modo di raccontarlo, Sherlock Holmes e il mistero dell'uomo meccanico non si intitola così per caso. L'uomo meccanico del titolo non è un uomo meccanico a caso, è questo uomo meccanico:

Ha un nome preciso, Il flautista, un papà, Innocenzo Manzetti e un indirizzo preciso, ad Aosta, e ieri sono andata a trovarlo.
Se ho potuto farlo è perché ci sono ancora oggi persone come Sherlock Holmes, che indagano, indizio dopo indizio, fino a risolvere il caso. Ad Aosta hanno i volti gentili di Mauro Caniggia Nicolotti e Luca Poggianti
Loro mi hanno raccontato come hanno seguito passo a passo la storia dell'automa di Manzetti fino al 1929, momento in cui se ne perdono le tracce e questo incredibile macchinario, in grado di alzarsi in piedi, salutare, suonare il flauto e parlare sparisce dalla storia. Proprio come a dei veri investigatori è giunta a quel punto in soccorso un'intuizione: l'idea di un luogo dove l'automa poteva essere stato ritirato.
Ha emozionato me ascoltare, non oso immaginare cosa sia stato per loro andare a cercare in questo magazzino e trovare di colpo un occhio di porcellana. Poi un altro. Poi la struttura accartocciata della testa, Le braccia. Una gamba. L'armonium con cui l'automa era controllato.
Mi hanno raccontato che ci sono voluti anni nelle mani di un esperto, in Germania, per riassemblarlo. Oggi è di nuovo in piedi, nella sala museale dedicata a Innocenzo Manzetti. 
Non suona più. In parte il complesso sistema di funzionamento (meccanico, elettrico e ad aria compressa) non è stato compreso fino in fondo. E poi sono scomparsi gli innumerevoli cavi che lo percorrevano come vene, attraverso cui passava l'aria che permetteva alle dita di muoversi con la precisione necessaria a suonare uno strumento delicato come il flauto. Però è esposto, uno dei pochissimi automi ottocenteschi ad essere giunto fino a noi.

Negli ultimi due anni ho letto quasi tutto quello che si poteva leggere sugli automi e il flautista è vissuto in un angolo della mia mente, accompagnandomi costantemente. Non ero tuttavia preparata all'emozione di vederlo dal vivo, alto come un uomo, inquietante e gentile insieme. 
Mi è sembrata ancora più incredibile la storia di Innocenzo Manzetti che nella sua casa, senza strumenti particolari, senza chissà quali bagagli teorici, ha costruito un uomo meccanico con un vero e proprio apparato fonatorio, in grado di soffiare e modulare l'aria dentro un flauto, con occhi che si muovevano per simulare la lettura di uno spartito. 
Ho guardato ipnotizzata l'armonium tramite cui l'automa era controllato. Serviva a mandare l'aria ai tubi che determinavano i movimenti. Con una mano Manzetti poteva suonare l'armonium stesso, con l'altra, a seconda del tasto che schiacciava, faceva compiere alla macchina un movimento. In questo modo il flautista poteva eseguire qualsiasi brano che il suo controllore fosse in grado di eseguire.

Come autrice, mentre gli storici mi spiegavano come l'automa venisse vestito e mascherato per farlo sembrare più simile possibile a una persona vera, non ho potuto che ringraziare la straordinaria fortuna di aver potuto raccontare per prima in forma narrativa la sua storia. Come autrice non ho potuto che domandarmi come mai non siano arrivati altri prima di me.
Ultimamente, grazia a film come Hugo Cabret si è parlato parecchio degli automi ottocenteschi. Ma il flautista di Manzetti è di un livello del tutto diverso. Meriterebbe quanto meno un film tutto suo.

Questo pensiero mi ha seguito fino alla presentazione del romanzo, nella sala dell'Hotel des Etats, proprio nella piazza principale di Aosta.

Dovendo parlare del mio romanzo ad Aosta mi ero preparata a dare per scontata la figura storica di Manzetti e dover giustificare Sherlock Holmes. Così, quando è arrivata una gentilissima giornalista a chiedermi cosa volessi far sapere del romanzo io sono partita alla velocità con cui Sherlock della BBC fa le sue spiegazioni a raccontare come Sherlock Holmes e Manzetti fossero caratterialmente simili e come mi sia venuto spontaneo associarli. Dopo un bel po' che stavo parlando mi sono resa conto dei punti interrogativi sui volti di alcuni dei presenti.
Anche ad Aosta non potevo dare per scontato Manzetti. Perché noi italiani siamo così, ci innamoriamo di ciò che sta altrove e non ci accorgiamo dei tesori che stanno sotto casa nostra. Apriamo magari la bocca stupefatti alla vista del semplice uomo meccanico di Hugo Cabret e non sappiamo che dietro casa ce n'è uno infinitamente più affascinante.

Altre cose mi hanno colpito, parlando ad Aosta del mio romanzo, dov'è in parte ambientato.
Molte delle mie storie si ambientato nella mia zona, sul mio lago. Dove devo contendere con le unghie e con i denti le ambientazioni ad altri scrittori. Qui gira gente come Polillo, la Pariani e vi sono molti altri scrittori di talento. Devo andarmi sempre a cercare l'angolo che nessuno abbia mai raccontato. 
L'Aosta dell'ottocento, a quanto pare, è stata molto meno saccheggiata dai narratori. Se sul lago d'Orta gli abitanti sono abituati a leggere dei loro paesi nei romanzi, ad Aosta questo accade molto meno.
Con mio infinito sollievo si sono riconosciuti, orgogliosi di aver ospitato Sherlock Holmes (qualcuno ha anche proposto di individuare l'albergo dove l'investigatore ha pernottato per mettere una targa!).

Sono tornata a casa stanca, con i libri da studiare che mi attendevano minacciosi, ma infinitamente felice.
È stato davvero un privilegio raro, da narratrice, incontrare gli storici su cui si è basata gran parte della documentazione.
Ma a quanti autori può capitare, ambientando un romanzo nell'ottocento, di andare a trovare uno dei protagonisti?
Anche se nessuno l'ha visto, ieri ad Aosta c'era anche Sherlock Holmes. 
E adesso, da qualche parte, sta mettendo in musica sul suo violino quelle sensazioni che io, più maldestramente, ho cercato di raccontare.

8 commenti:

  1. Dalle tue parole trapela come sia stata un'esperienza intensa. Avere preso spunto da quell'automa ti ha dato la possibilità di incontrare un tuo personaggio, in un certo senso. Non è poco!

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  2. Non in un certo senso. È proprio lui e, non avendo avuto la possibilità di vederlo prima, è stato un sollievo constatare di non aver scritto (troppe) idiozie nel descriverlo (e sopratutto nel descrivere il complicato funzionamento).
    È stato super emozionante, anche se penso che l'automa emozioni a prescindere. Meriterebbe di essere il pezzo forte di un museo molto più grande

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  3. Molto bello. Anch'io non conoscevo l'uomo meccanico di Manzetti, grazie per avermelo fatto conoscere. :)

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    1. Felice di aver raggiunto l'obiettivo! Se visiti il sito dedicato a Manzetti scoprirai che aveva inventato anche un sacco di altre cose, tra cui la macchina a vapore. L'automa del flautista, però, ha un posto speciale nel mio cuore.

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  4. Ma se leggo questo post prima di aver letto il romanzo mi rovino tutta la suspence?

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    1. No, che ci sia un uomo meccanico lo sai dal titolo, il suo ruolo nella trama non viene svelato!

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  5. Farei volentieri un giro per il museo a vedere i progetti di Manzetti, con pargolo al seguito. Appena si profila un po' di calma, si potrebbe fare...

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    1. È solo una sala, ma volendo si può prenotare tutta una visita della città a tema (le guide sono molto brave)

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