Chiacchierando sul web, ma anche dal vivo con amici autori, si finisce sempre per confrontarsi sull'ideazione della trama.
Da quanto vedo ci sono due scuole di pensiero di base, entrambe possono funzionare bene, con i loro pro e i loro contro e io, tanto per cambiare, non sento di appartenere a nessuna delle due.
Il Burattinaio
I burattinai hanno di solito un bagaglio tecnico di prim'ordine, ragionano per funzioni narrative, archi di crescita dei personaggi e strutture in tre atti. La trama per loro è un'insieme di punti da studiare a tavolino, i cui ingredienti vengono dosati come per la preparazione di un complicato composto chimico. Sanno come e dove aggiungere tensione narrativa, quando e perché far accadere un determinato evento.
Il vantaggio dei burattinai è la forza della pianificazione. Le loro trame sono spesso delle architetture perfette, simili ad ardite cattedrali che siano, in più, anche antisismiche. Nelle loro storie tutto avviene per una ragione narrativa.
Il rischio è quello della freddezza. L'avere una storia che funziona alla perfezione, ma è priva di un cuore pulsante.
Libro archetipo: Il nome della rosa, in cui tutto è presente per uno scopo preciso, narrativo e metanarrativo, e i cui diversi livelli di lettura possibili sono stati soppesati e dosati alla virgola.
Il romantico istintivo
Il romantico istintivo si innamora di di una storia e di alcuni personaggi e inizia a scrivere. Il romantico istintivo non sa neppure chi dei suoi personaggi vivrà e chi morirà. Si fida di loro, vive con loro, soffre con loro. Piange mentre scrive la loro morte.
Il vantaggio lo scrittore tiene davvero ai suoi personaggi, ce li fa sentire vivi. Per lui sono figli, non certo funzioni narrative!
Il rischio è il non arrivare alla fine della storia. Ci si ingarbuglia al punto tale che non si riesce a dare una forma narrativa definita alla propria opera.
Libri archetipo: It una narrazione fiume piena di digressioni, che affascina e ipnotizza.
La via di Tenar
Io cerco di essere entrambe le tipologie di autori insieme.
Quando mi innamoro di una storia, sono una romantica istintiva. Appunto, me ne innamoro, sono completamente e del tutto affascinata dai miei personaggi. Faccio, però, violenza a me stessa e non inizio a scrivere.
Coccolo la mia storia, o come dico io "la covo", come farebbe un drago con i suoi tesori. Cerco di visualizzarla con dettagli sempre maggiori.
Spesso mi è già capitato di raccontare questo momento.
La mia impressione è che le storie già esistano in un qualche altrove indefinito che io chiamo, dopo una costruttiva discussione con Jamila, Il paradiso delle storie possibili. La storia già c'è, tutta intera e priva di contraddizioni. Più la "covo", più ci penso e più i tratti ne diventano definiti.
Per fare un esempio dal romanzo Sherlock Holmes e il mistero dell'uomo meccanico, fin dall'inizio mi era chiaro che Watson, che è il mio protagonista, appariva in scena portando al parco il suo cane. Il cane di Watson, mi era chiaro, aveva un ruolo importante nelle pagine di apertura. E tuttavia, fin dall'inizio, se pensavo alla conclusione del romanzo, non vedevo più il cane. In un primo momento non me ne sono preoccupata. Visualizzavo la scena finale, il cane non c'era, ma, per quello che ne sapevo allora, poteva essere in un'altra stanza a dormire. Poi, covando la storia, mi sono resa conto che il povero cane avrebbe fatto una pessima fine. Non per cattiveria o per applicare una tecnica o una funzione narrativa, ma per necessità. Il mio cane di taglia medio/piccola si sarebbe trovato a casa da solo mentre vi facevano irruzione dei malintenzionati.
Sin dall'inizio, quindi, sapevo che il mio protagonista sarebbe apparso in scena con un cane e che alla fine del romanzo il cane non sarebbe apparso. Solo dopo ho capito che questo accadeva perché la bestiola sarebbe morta.
Come questo accada in qualche meandro inconscio della mente per me rimane un mistero. Mi è abbastanza chiaro, però, che in questa fase non applico alcuna tecnica narrativa. La trama si sviluppa in modo autonomo e io rimango a guardare.
Poi, quando sento di "vedere" tutta la trama, la parte Burattinaio entra in azione. A quel punto mi metto alla scrivania e preparo una scaletta o una sinossi (in realtà nel caso dei racconti la scaletta rimane puramente mentale). In questa fase entrano in gioco anche le così dette tecniche di narrazione. Non vado a modificare la sequenza degli eventi (come potrei? La trama esiste in un determinato modo nel paradiso delle storie possibili!) ma mi preoccupo di come raccontarla. Come direbbero i miei alunni, stabilita la fabula, lavoro sull'intreccio, su cosa narrare prima e cosa dopo, sul punto di vista da utilizzare, sull'importanza relativa da dare ai singoli personaggi.
Alla fine, quando mi trovo a scrivere, il più è fatto e posso preoccuparmi solo del piacere della narrazione.
Deve essere chiaro che questo mio modo di procedere non è una ricetta universalmente applicabile e non è privo di svantaggi. Il fatto che la fase di "cova" sia totalmente svincolata da un'ottica legata alle tecniche di narrazione genera queste mie storie in bilico tra i generi letterari che poi nessun editore sa collocare. Se fossi più burattinaia sin dall'inizio, forse, i miei gialli sarebbero più pienamente gialli e non un guazzabuglio di mille altre cose che poi gli editori non sanno come trattare. Sarebbero, io credo, un po' meno "miei", per quanto più perfetti.
Il vantaggio maggiore, invece, è quello di poter lavorare a diverse storie a diverso grado di ideazione contemporaneamente. Posso covare una storia futura mentre ne scaletto un'altra. La fase di scrittura, poi, diventa solo una questione di tempo da dedicare, perché tutti gli altri fattori sono stati decisi. Una volta arrivata alla scaletta posso dire con uno scarto minimo quando il racconto o il romanzo sarà terminato.
E come procede la vostra ideazione della trama? Siete più burattinai o più romantici istintivi? Anche per voi esiste il paradiso delle storie possibili?
PS: la foto mostra la piazza di Orta com'era domenica mattina.
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RispondiEliminaAnche io come te mi considero una via di mezzo fra questi estremi, forse però con una leggera predominanza del lato "romantico-istintivo".
RispondiEliminaLa progettazione c'è perché tutte le volte che sono partita "allo sbaraglio" poi sono affogata nelle sabbie mobili. Però è più una sinossi sommaria. I dettagli li definisco in fase di stesura.
A ottobre del 2013 ho iniziato una storia senza progettarla ed è andata a ramengo era il residuo di una vecchia idea su cui rimuginavo da anni e che poi ha perso tutto il proprio appeal. Poi mi sono messa a "studiare" i vostri blog e a "covarne" un altra, che ho iniziato a scrivere ad aprile, quasi contemporaneamente all'apertura del mio blog. La trama è definita negli snodi fondamentali e il resto lo stabilisco strada facendo. So che Maria Teresa lavora come me (ne abbiamo parlato più volte) e questo mi rincuora perché la apprezzo molto e perché pensare di essere l'unica ad agire in un determinato modo mi riempie di insicurezze. Non ho ancora così tanta esperienza da poter essere completamente sicura del mio metodo, anche se l'essere burattinai o romantici dipende più che altro dall'indole individuale.
C'è anche da dire che tu scrivi gialli e questo rende praticamente impossibile non pianificare. Il tipo di storia che scrivo, invece, mi lascia maggiori libertà.
Per quel che riguarda "il paradiso delle storie possibili", certo che esiste! Questo concetto mi fa pensare al "mondo delle idee" di Platone. Però confesso che in questo momento sono incarognita con la storia di cui mi sto occupando e mi sembra quasi che non ne possano esistere altre. So che capita a molti di coloro che si occupano del primo romanzo. E anche questo mi rincuora ;)
Un abbraccio
P.S. Grazie di avermi inserita negli "amici di pixel" :)
Un sacco di autori di successo sono "romantici istintivi" e ho sentito dei bravi giallisti raccontare che a metà romanzo ancora non sapevano chi fosse l'assassino.
EliminaCredo che non ci sia una ricetta predefinita, ognuno deve trovare la propria!
PS: A me il "paradiso delle storie possibili" fa più pensare agli universi paralleli. Ce ne sarà pur uno in cui quella storia è reale.
PPS: negli amici di pixel ci sei da un po' (anche se è indubbio che sono pigra con gli aggiornamenti)
Concordo con te. Proprio stamattina mi è capitato di leggere un "le storie devono assolutamente essere progettate nel dettaglio", ma ormai non rispondo neanche più. In generale, credo di essere nella scrittura così come sono nella vita...
EliminaP.S. Da un po' non prestavo attenzione all'elenco degli "amici di pixel" anche perché spesso leggo l'articolo dallo smartphone, che non visualizza la pagina nella sua interezza ma solo l'elenco dei post. Ieri ero al pc perché stavo scrivendo il mio pezzo e mi ci è caduto l'occhio casualmente. :)
Uh! Il paradiso delle storie possibili! O Fforde e il suo "pozzo delle trame perdute", sopra il "mare del testo"...
RispondiElimina(cavolo, quest'anno non mi sono portata nessun racconto da Lucca... sigh!)
IN effetti, se hai già pianificato poi è più "facile", perché puoi lasciarti prendere solo dalla scrittura ed è... bello... (così magari puoi cercare in tutta scioltezza aggettivi migliori di "bello"!)
"Pozzo delle trame perdute" mi suona alquanto più cupo, il "paradiso delle storie possibili", invece, è un bel posto, le storie stanno bene sulle loro comode nuvolette...
EliminaNon mi metto a scrivere senza pianificare, mai; ma non riesco a preparare la trama in modo così preciso e soprattutto così controllato come fanno i burattinai. Come te, lascio che la storia lieviti per conto suo nella mia testa, senza metterle fretta, e solo dopo cerco di metterle le briglie, che sono comunque abbastanza lasse. Se c'è un buon motivo per modificare qualcosa, modifico. Però poi correggo la pianificazione da quel punto in poi, per vedere se la storia regge.
RispondiEliminaCredo che i Burattinai puri siano piuttosto rari. Chissà se ne troviamo qualcuno che si confessa?
EliminaHo paura di fare coming out... Io tendo a essere burattinaio, anche se la mia ignoranza in materia di bagaglio tecnico mi squalifica alla velocità della luce. Per riuscire a scrivere devo aver pianificato tutti gli snodi fondamentali e i perché e percome tecnici su cui si basa la storia. A quel punto mi rilasso e tendo a diventare "romantico": ho lo stampo in forno pieno di pasta con tutti gli ingredienti. Man mano che scrivo la storia lievita e riempie tutti gli interstizi.
RispondiEliminaQuindi agisci in modo inverso rispetto a me e Grazia! Sono felice di aver trovato qualcuno che lavora così: è interessante vedere il "dietro le quinte" degli altri. E poi, appunto, non c'è un meglio o un peggio, ma mi sembra sia giusto essere consapevoli che vi sono più strade possibili
EliminaIl mio bagaglio tecnico non mi consente di essere burattinaio, e temo che, anche avendone le capacità mai lo diventerò, più per una questione di insicurezza che altro: non ho il carattere giusto. Ora tendo a creare un recinto, limiti entro cui far muovere i miei personaggi e vedo un po' che succede. Mi fido più di loro che di me, insomma :)
RispondiEliminaCon l'esperienza conto di stringere la libertà di movimento ma credo che starò sempre lì ad aspettare che qualcuno di loro mi stupisca
Credo che il tuo sia più o meno il metodo di King e di molti altri autori di successo. Il trucco può proprio essere il recinto, stabilire fino a quali limiti si può lasciare andare la storia a ruota libera senza rischiare di perderla
EliminaNè burattinaio, ruolo che non mi piace, nè romantica istintiva, ma più romantice che burattinaia, se devo scegliere tra i due. Sono, e prendo a prestito le parole del mio insegnante che ha ben definito il mio ruolo di autrice, colui il quale dà la carica ai personaggi, come i pupazzi a molla, che poi sono liberi di muoversi nella storia. Poi divento anche molto tecnica, se, e torno al corso, l'esercizio prevede 8 frasi di 10 parole, scrivo 8 frasi di 10 parole, la compagna di classe che erriva con 9 frasi, è successo, magari scrive meglio di me, diventerà la nuova Alice Munro, ma il punto non è questo, il punto è che il rigore per me è fondamentale, e una frase avrebbe dovuto eliminarla a costo di far crollare l'intero pezzo ed essere costretta a scriverlo da capo. Sandra
RispondiEliminaMi fai un po' paura nel tuo essere così precisa! Io lo sono molto meno, avrei sbagliato a contare le parole del tuo esercizio almeno tre volte...
EliminaAl di là di questo, anch'io cerco di mescolare i due aspetti (e di sicuro sono meno rigorosa di te...)
Leggendo i vari commenti, pongo un quesito a te, Antonella, e a tutti gli altri lettori. Secondo voi, come per creazione/revisione/censura, si può essere "romantici" nella stesura e burattinai nella revisione?
RispondiEliminaOvvero, pensate possa essere utile separare le due "anime" affinché l'opera presenti i pregi di entrambi gli atteggiamenti?
(sono la regina del compromesso, ed anche un po' megalomane!)
Secondo me sì. Io cerco di essere romantica nell'ideazione e burattinaia nella progettazione, limitandomi a essere narratrice nella stesura e non so cosa nella revisione.
EliminaIn ogni caso, penso che non ci siano verità assolute. È letteratura, non una reazione chimica!
Direi di sì Chiara, ma siccome non amo i burattinai è una pratica che non sento mia, tuttavia ogni regola non è assoluta in narrativa per cui ok. baci sandra
Eliminapiù che burattinaia mi sto scoprendo burattina, sono completamente in balia dei miei personaggi. Speriamo che mi lascino vivere! Vuoi mai che mi facciano fare una brutta fine? :)
RispondiEliminaTenar ho saltato la parte del post in cui parli della trama del tuo romanzo perché mi piacerebbe leggerlo a scatola chiusa, non voglio rovinarmi la sorpresa!
Ah, io ogni tanto temo la vendetta dei miei personaggi, considerate tutte le brutte cose che faccio capitare a loro...
EliminaTenar
Gli approccia alla scrittura sono tantissimi e nessuno è universale. Ognuno ha un metodo che risulta 'migliore' per lui.
RispondiEliminaNel mio caso, come fai tu, unisco più metodi insieme :P
Credo che le "vie di mezzo" siano le più diffuse, però è interessante vedere come ci siano anche i "romantici" e i "burattinai" puri
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