A casa mia si legge Le Scienze.
Prima una madre biologa e poi un marito farmacista. Le Scienze per me è parte del normale arredo di casa, una cosa che do quasi per scontata, come che ogni giorno si debba cenare. Io non leggo tutti gli articoli, ma sono affascinata dall'infinitamente piccolo, sono cresciuta con la biologia e l'etologia e sono deliziata dall'evoluzione umana e dagli articoli più attinenti con quello che fu il mio campo di studi, l'archeologia preistorica.
Questo mese, però, c'è un articolo di Julien d'Huy che ha deliziato la narratrice che è in me.
Che alcune storie mitiche si ripetessero quasi uguali in popolazioni molto diverse è un fatto noto da tempo. Jung spiegava questo fatto con "l'inconscio collettivo", un inconscio simbolico condiviso da tutti gli uomini, derivato forse da comuni antenati.
Un approccio un po' più analitico ha fatto osservare che alcuni miti, come quello della "grande caccia", in cui un cacciatore sta per uccidere un animale che scopre però essere un suo parente/una creatura sacra e viene fermato da una divinità che trasforma cacciatore e animale in costellazione è presente in Africa, in Europa, in America del Nord, in alcune regioni dell'Asia, ma non in Australia (dove non c'è alcun canguro celeste). Gli animali cambiano di poco, o sono orsi o sono cervi o simili e anche le costellazioni interessate sono sempre quelle, Orione per il cacciatore, l'Orsa Maggiore per l'animale, qualche volta si inseriscono le Pleiadi.
Secondo gli studi paleontologici, la migrazione che ha portato l'uomo moderno in Australia è avvenuta prima di quella che ha portato l'uomo dalla Siberia al Nord America.
L'ipotesi di lavoro è quindi che il mito della Grande Caccia si sia creato in un qualche momento tra la migrazione in Australia (indicativamente 60000 anni fa) e quella in America (indicativamente tra 28000 e 13000 anni fa in più ondate) e abbia viaggiato insieme ai migranti, trasformandosi e adattandosi all'ambiente che essi trovavano, fino ad arrivare fino a noi.
Lo studio è stato poi applicato ad altri miti che in base all'area di diffusione sono stati messi in relazione con le migrazioni umane per cercare di capirne l'età e l'origine.
La cosa che trovo estremamente affascinante è che noi continuiamo a raccontarci storie che hanno almeno 20000 anni, se non di più. Nate in un'epoca in cui ancora i mammut calpestavano la terra e i Neanderthal abitavano l'Europa e che tuttavia ancora ci parlano e ci raccontano qualcosa di noi.
Il mito della Grande Caccia ci sembra lontano, appartiene a un mondo perduto in cui la sopravvivenza derivava dalle prede catturate e sentiamo tutti i millenni che ci separano da quel tempo. Un'altro dei miti analizzati, però, si è rivelato assai antico e moderno insieme.
Diffuso anch'esso più o meno ovunque ad eccezione dell'Australia ha almeno 30000 anni e pare nato da qualche parte verso l'attuale Somalia. Parla di un uomo che, per alleviare la propria solitudine, scolpisce una statua dalle fattezze di una bellissima donna e tramite la magia/l'intervento divino la statua prende vita, con esiti a volte lievi, a volte nefasti.
Frankestein?
O il recentissimo film Ex Machina che di fatto riprende quasi paro paro la versione primigenia del mito.
Mi ha colpito l'idea che oggi si possa andare al cinema a vedere una storia che gira da 30000 anni.
Ho pensato a quante futili siano le divisioni che oggi ci paiono insormontabili. Se è 30000 anni che ci raccontiamo sempre le stesse storie è perché l'umanità è evidentemente sempre uguale a se stessa. All'epoca dei mammut e dei cacciatori raccoglitori sognavamo ed avevamo paura di creare un uomo artificiale, esattamente come ora. Poco importa se allora a dargli autocoscienza erano gli dei e oggi l'informatica. Se tornassimo indietro a quel tempo, quindi, tolte le barriere linguistiche non troveremmo persone tanto diverse da noi, addirittura scopriremmo di avere già una mitologia comune.
Quindi non venitemi a dire che non potremo mai capire chi ha una diversa origine, una diversa religione o una diversa cultura perché "sono diversi". Siamo sempre noi, esseri umani, che intorno al fuoco o seduti sulle comode poltrone di un cinema ci raccontiamo le stesse storie di sempre.
Tutto ciò mi ha fatto pensare anche all'intrinseca forza delle storie. Se questo studio ha ragione (è una ricerca agli inizi, di cui questo articolo è una delle prime pubblicazioni), qualcuno in Somalia, circa 30000 anni fa, forse prima, ha raccontato una storia che è piaciuta così tanto che qualcun altro, spostandosi l'ha rinarrata. Di gruppo in gruppo, di villaggio in villaggio, qualcuno ha aggiunto qualcosa o ha cambiato un nome. La donna scolpita nel tronco di un albero sacro è diventata qui una statua di pietra, là un'effige d'argilla. Da qualche parte la donna e l'artista vivevano felici, altrove hanno preferito un finale drammatico. Eppure qualcuno ha avuto l'idea, ha narrato per primo la storia che oggi ancora circola. Credo sia un pensiero che metta nella giusta prospettiva le nostre misere velleità letterarie. Noi cosa sogniamo, 100 lettori, 10000 lettori, 10000? Valer due righe su Wikipedia? Che misera forza possono avere, anche nel migliore dei casi le nostre storie rispetto a quella del cacciatore africano di 30000 anni fa!
Oppure, magari, storie simili nascono ancora. E non sono, si badi bene, grandi opere letterarie, ma nude storie, che i padri raccontano ai figli e questi ai loro figli e così via. In non so più quale film si presentava un futuro post apocalittico in cui i sopravvissuti, intorno al fuoco, si raccontavano e mettevano in scena Guerre Stellari. Ecco, se penso alle storie di oggi che possono avere la forza di sfidare la storia e essere raccontate e riraccontate, penso più al cinema popolare che alla letteratura. Penso che tra mille anni è più probabile che girino ancora delle versioni di una complicata relazione che finisce con una donna che dice "domani è un altro giorno", o di un cattivo mascherato che, sfidando il giovane eroe a duello gli riveli "io sono tuo padre", piuttosto che i così detti grandi romanzi.
Al di là delle mie divagazioni sui miti che potranno sopravvivere tra mille o diecimila anni, questo articolo mi ha profondamente affascinato e anche consolato, col pensiero che, oltre qualsiasi barriera geografica e culturale, potremo sempre riconoscerci nelle nostre storie archetipe, e volevo condividerlo con voi.
La storia dei miti e delle favole è interessante e si possono imparare davvero molte cose. Quanto a noi: fatichiamo a staccarci dai tre atti, come possiamo pensare di inventare storie nuove? Con buona pace di quelli che non vogliono divulgare le proprie trovate, nella paura che qualcuno le rubi: tutto è già detto; l'unica cosa è (ri)dirlo a modo nostro, perché siamo gli unici a poterlo fare.
RispondiEliminaChissà se invece ogni tanto non spunta una storia nuova o quasi, che ha la forza di diventare un mito, forse però deriva più dal riraccontarsi una realtà che da un esercizio creativo
EliminaAnche io sono biologa ! 😅
RispondiEliminaIl film a cui parli si chiamava qualcosadragons, quella scena colpì moltissimo anche me... Rientra spesso nei miei sogni di futuro post apocalittico
..Il regno del Fuoco,volevo dire. Forse banale ma mi piacque al cinema, lo rivedrei volentieri
EliminaEcco cos'era! Io ne ho visto dei pezzi in tv... Era quello con i draghi, vero?
EliminaComunque non fatico a immaginare un futuro distopico in cui i nostri film preferiti sono diventati favola. Anche non in un futuro distopico, basti pensare che le mie figlie si sono sorbite la versione favola della buonanotte già di Zanna Bianca, Lo Hobbit , Harry Potter, Il Signore degli Anelli ,Battlestar Galactica , Batman , Spider-Man , Elisandre (da questo blog) e sì , persino Via col vento, suscitando sempre enorme entusiasmo. Per settimane ho disegnato siloni o raccolto erbe per fare pozioni e ora devo pettinarla coi bun come Leila. D'altronde è più facile narrare ciò a cui noi stessi ci siamo appassionati... resta da vedere se queste storie hanno un valore così universale da sfidare i millenni!
RispondiEliminaQuando sono andata a vedere il nuovissimo episodio di Guerre Stellari la sala era piena di genitori con figli, ma anche nonni con i nipoti e i più grandi raccontavano ai piccini i film della loro generazione, ho pensato che è così che nascono i miti.
EliminaE' bellissimo pensare che certe storie accompagnino letteralmente il cammino dell'umanità. Se apprezzi l'infinitamente piccolo forse piacerebbe anche a te "Gathering Moss", di Robin Wall Kimmerer. Lei è di origini Potawatomi e insegna biologia, e questo suo libro sul muschio è una meraviglia.
RispondiEliminaEcco, non so proprio nulla sui muschi, potrebbe essere la volta buona!
EliminaSì, i miti più antichi si ripetono in tutte le culture: il diluvio, i draghi, i giganti... É lì che si scorge l'origine comune di tutte le razze e culture umane.
RispondiEliminaSì, il bello di questo studio è proprio vedere quali si ripetono e quali no e seguirne l'evoluzione passo a passo.
EliminaCon questo tuo post mi hai fatto ricordare le storie che mia mamma e mia nonna raccontavano la sera sedute intorno al fuoco e che sono rimaste impresse nella memoria, la TV in casa mia è arrivata quando avevo sei anni e prima le serate si passavano così, a pensarci adesso sembra preistoria.
RispondiEliminaMa che bello! Altro che preistoria!
EliminaCome ho scritto in un'intervista che a breve sarà pubblicata sul blog di Marco Freccero, io mi avvicinai alla letteratura quand'ero molto piccola perché mia nonna, ex maestra mi raccontava i grandi romanzi storici come se fossero favolette per bambini: "c'erano una volta due giovani di nome Renzo e Lucia che volevano sposarsi, ma un uomo cattivo mandò i suoi scagnozzi dal prete, e..." Questo mi consentì, alle medie e alle superiori, di vivere praticamente di rendita.
RispondiEliminaNon so se questo aneddoto c'entri, con il tuo post, ma mi fa pensare di sì, perché in fondo ogni storia (archetipo) può essere trasformata e rielaborata, a seconda del contesto e della persona che la ascolta, senza però perdere il proprio valore, e riuscendo ugualmente a dare qualcosa. :-)
P.S. Ex Machina è uno dei pochi film di fantascienza che ho visto in vita mia, dietro tuo consiglio. :-)
Mi fa un po' impressione pensare che sono 30000 anni che rielaboriamo le stesse storie e allo stesso tempo questo mi fa sentire più vicina agli uomini di ogni tempo, perché dopo tutto facciamo tutti gli stessi sogni.
EliminaOk, ora ho la "scusa" di comprare Le Scienze :)
RispondiEliminaRiguardo alle solite storie che circolano da anni, ho trovato una teoria interessante sulla trasformazione del protagonista nel romanzo di Scarlett Thomas "Questo tragico universo". Facci un pensiero.
Tra l'altro l'ho trovato un numero particolarmente interessante anche per una non scienziata come me!
EliminaInvece il romanzo che mi segnali non lo conoscevo, lo terrò presente!
Ogni volta che mi imbatto nella sezione "Mitologia" a scuola, mi diverto a portare i ragazzi verso la tua stessa riflessione. Siamo tutti simili, forse non uguali, ma simili.
RispondiEliminaI miti ci svelano questa realtà ineffabile.
Hai proprio ragione.
EliminaNon sapevo che alcuni miti fossero addirittura preistorici!
RispondiEliminaOra che lo so mi piace ancora di più pensare che siamo tutti simili, alla fine. Come hai giustamente detto: se possiamo trovare dei punti in comune con l'uomo preistorico, è impossibile non riuscire a capire una persona che abita la nostra stessa epoca, per quanto diverse siano le nostre culture.
Chissà che cosa succederà in futuro, quando tutto ciò che conosciamo noi sarà scomparso. Magari è così, si racconteranno le avventure del Giovane Luke! O quelle di Magic Mike, chi può dirlo?
È la prima volta che si dimostra con un minimo di scientificità l'antichità dei miti e la cosa ci riporta molto più indietro nel tempo di quanto si pensasse. E ci dimostra che l'umanità è sempre uguale a se stessa, nonostante tutte le sue presunte divisioni.
EliminaStorie tramandate di generazione in generazione, che passano da villaggio a villaggio, da paese a paese, da nazione a nazione... in pratica attraversano il mondo e caratterizzano ogni epoca, ogni cultura. A me fa quasi impressione!
RispondiEliminaFa impressione. Per il mito della "grande caccia" hanno costruito una mappa con tutte le modifiche alla storia messe in relazione con le migrazioni e fa impressione vedere come la stessa versione si trovi in Siberia e in Alaska e poi muti via via che scende attraverso le americhe.
EliminaQuesta estate è stato pubblicato un libro fondamentale sul mito della grande caccia: "Il cacciatore celeste" del mitografo (dire mitologo è, nel suo caso, riduttivo) Roberto Calasso. L'ho divorato nelle sere di agosto, seduto all'aperto sulla mia panchina preferita.
RispondiEliminaPer tutta la seconda metà degli anni '70, fino a metà degli anni '80, ho acquistato anch'io regolarmente "Le scienze". Mi ero anche procurato gli arretrati e avevo la collezione completa che poi ho però rivenduto.
Credo che lo comprerò! Grazie per la segnalazione!
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