lunedì 27 febbraio 2017

La la Land, Whiplash e la felicità che si sacrifica all'altare del successo


Sono stati assegnati gli oscar e La La Land ne ha vinti sei.
Non posso dire se siano pochi o tanti, dal momento che non ho visto gli altri candidati. L'unica fuga a due che io e mio marito ci siamo concessi in questi ultimi mesi, però, è stata proprio per andare a vedere La La Land.
Prima che diventasse un caso e la pellicola favorita per la notte degli Oscar, già desideravo vederlo. Il regista si era già imposto alla mia attenzione per Whiplash. Si chiamo Damien Chazelle, sa costruire film tecnicamente ineccepibili, di raro rigore tecnico ed è nato nel 1985.
Sì, nel 1985. Ha cinque anni meno di me, dovrebbe averne 31 o 32 e ha già diretto due film da oscar. Da questa notte è il più giovane regista ad aver vinto la statuetta per miglior regia.

Apparentemente i suoi due film da regista sono diversissimi. Il primo è un film cupo in cui un giovane talento della batteria si imbatte in un maestro sadico, da far invidia ai peggior addestratori delle truppe d'assalto. Il secondo è un musical colorato e un grande omaggio al cinema d'altri tempi ambientato in una Hollywood magica.

– ALLERTA SPOILER ON –

In realtà sono storie molto simili. Entrambi i film raccontano la storia di giovani di grande talento, alla ricerca dell'affermazione e del prezzo che dovranno pagare per ottenerlo.

Benché Whiplash sia un film sulla musica, non ci sono allegre canzoncine a spezzare la tensione della storia del giovane Andrew, che arriva a farsi sanguinare le mani pur di raggiungere la perfezione tecnica con il suo strumento. Il film è incentrato sul rapporto conflittuale tra Andrew e il suo maestro che continua a porre il ragazzo davanti a sfide sempre crescenti, sempre con maggior durezza, e non è chiaro neppure allo spettatore, fino a che punto ci sia nel maestro il desiderio di levigare una gemma grezza e dove inizi il puro sadismo. Certo è che Andrew per il suo sogno sacrifica tutto, amici, famiglia, amore (la fidanzata viene lasciata senza troppi giri di parole in quanto distrazione). Anche se il finale ci mostra la rivincita di Andrew su tutta la vicenda aleggia il fantasma del precedente allievo del maestro, morto suicida e lo stesso protagonista arriva ben oltre il punto di rottura, con un evidente esaurimento nervoso e il vuoto sociale intorno.

Il tono di La La Land è completamente diverso, è un film in cui si sorride, si ride perfino, ma spogliata dei (bellissimi) numeri musicali e dei suoi colori allegri, la vicenda non è molto diversa. Sebastian è un musicista jazz che sogna di aprire un locale dove far rivivere il genere, Mia è un'aspirante attrice. Si conoscono, si detestano e poi si innamorano quando non sono nulla, Mia si mantiene facendo la cameriera e subendo dei provini imbarazzanti, Sebastian suona in dei ristoranti dove il suo talento è più un ostacolo che un aiuto. Dei due, per una volta, il più sognatore è Sebastian che non solo insegue il suo sogno con una purezza da cavaliere medioevale, senza voler scendere ad alcun compromesso, ma sprona Mia a fare altrettanto, a lanciarsi come autrice e a proporre un proprio spettacolo. Ce la faranno? Sì, ma non insieme.
Sebastian è assolutamente sincero e realistico in questo. Quando a Mia viene offerto un ruolo per un film da girarsi all'estero lui ha già capito tutto. Per entrambi la loro passione è più del desiderio di successo, è quasi una religione, una vocazione a cui è ovvio che tutto vada sacrificato, compresa la felicità.

Quello che è evidente a chiunque guardando Whiplash è che Andrew non è felice. Non sarà mai felice. Sarà, probabilmente un grande batterista, forse una leggenda della batteria, ma non sarà mai un uomo felice. La felicità è fuori dai giochi. Non è neppure ricercata, anzi è di ostacolo. Un uomo felice è appagato e non cerca più di migliorarsi. Qui siamo alla ricerca di un ideale di perfezione quasi sovrumano, totalizzante, che sublima tutto il resto.
Meno evidente è che, alla fine, neppure Mia e Sebastian sono felici. È meno evidente perché ce l'hanno fatta in un mondo in cui il successo impone anche una parvenza di felicità. Mia è l'attrice ammirata, bellissima, Sebastian è il musicista famoso che si è permesso di aprire un locale. Nell'ultima sequenza, tuttavia, c'è il racconto di tutta la felicità mancata.

Nel 2014 Chazelle aveva 29 anni (fa quasi impressione considerata la maturità tecnica del film) e nel suo film la felicità non entrava neppure nell'equazione. Andrew non se l'aspetta e neppure la ricerca, anzi, la fugge appena è possibile. In La La Land fa capolino il rimpianto di quella felicità mancata. Si affaccia il dubbio e si apre la porta alla domanda se, in fondo, ne sia valsa la pena.

A me sorge spontanea la domanda se Chazelle sia felice. Per farsi strada in quel di Hollywood come regista così giovane, per padroneggiare così bene i mezzi tecnici (non fatevi ingannare dall'apparente leggerezza, La La Land deve essere stato un incubo da girare, specie le scene in esterno con i numeri musicali) cosa avrà sacrificato?
E sopratutto, è necessario?
Forse sì. È chiaro che i suoi protagonisti non lo fanno per il successo, i soldi o la fama. Lo fanno perché devono, per certi versi la loro natura li spinge a quello. Ci sono talenti e vocazioni così totalizzanti che richiedono di sacrificare tutto il resto e pochi grandi artisti, in ogni campo, sono stati anche delle persone risolte e felici.
Forse è una cosa che mi racconto per giustificare la mia mediocrità, chi può dirlo, ma tra successo e felicità preferisco di gran lunga la seconda. 
Di certo nessuno di noi vorrebbe essere davvero Andrew di Whiplash. Ma forse, tolte le luci, i colori e i begli abiti, neppure Mia e Sebastian, che alla fine regalano sogni agli altri ma non ne tengono per sé.
Questa è la mi opinione, la vostra qual è?

15 commenti:

  1. Non so se sia pertinente, non ho visto i film in questione, però ogni volta che un grande artista muore mediamente per suicidio overdose da sostanze varie e/o farmaci magari a 27 anni che pare sia l'età più in voga per finali di questo tipo, io boh mi arrabbio un po' e mi viene il pippone banalissimo "aveva tutto, cosa diavolo voleva ancora?" Chi lo sa? Ecco, i protagonisti che citi non sono felici, ecco perché? Raggiungono il successo che inseguono ma il prezzo da pagare è troppo alto? (Tutto sommato un altro grande classico), non lo so. Ieri parlando con Barbara Webnauta di tutti i progetti che ho in ballo le ho detto "chissà, magari tra questi ci sarà quello che mi farà fare il grande salto." E lei mi ha risposto molto candidamente e anche direi pragmaticamente "sei certa di avere i muscoli giusti/pronti?" No, non lo sono. Nessuno in realtà lo è, né io né Mia e Sebastian, perché quello che immaginiamo in termini di grande successo sarà di sicuro diverso da quello che avverrà se avverrà. Sandra

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    1. Tu hai una gran voglia di arrivare e questo spesso fa la differenza, se è unito al talento (e ce l'hai).
      Qui, senza nulla togliere a noi, si parla, credo, di ordini di grandezza differenti. Ho conosciuto delle persone così. Il successo è solo un dato accessorio, quasi un effetto collaterale di un amore totalizzante e spesso distruttivo per quello che fanno. Si tratta di gente che si è bruciata tutti i ponti e non ha pensato ad alcun "piano B" e, davvero, per uno che ce la fa, mille si rovinano la vita. Non so se ne valga la pena, ma non so neppure se ci sia scelta per questo genere di persone. Mozart avrebbe potuto forse smettere di suonare? Per fortuna (e lo dico senza alcuna ironia) non ho abbastanza talento per provare una cosa del genere.

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    2. Grazie, anche se certo hai ragione qui si parlava di talenti straordinari che di sicuro non ho, ma non avendo visto il film sono andata un po' fuori tema, ma poco. Sandra

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  2. Ho visto Whiplash e non ancora La la land.
    Ho apprezzato molto Chazelle nel primo, e concordo con la tua analisi. Un film sul talento ma non solo, sulla sua parte oscura, quella che ti fa capire che puoi arrivare oltre e oltre fino a consumarti.
    Vorrò trovare in La la land almeno una parte di ciò che ho trovato nel primo dei due, mi affido per ora a ciò che scrivi.
    Il discorso sul talento è complesso. Credo anch'io che esista una felicità molto relativa e fugace nei talenti altissimi. Credo che ci sia molta solitudine e insoddisfazione pur a quegli altissimi livelli. Ciò detto, tutto quello che ruota attorno allo show bizz hollywoodiano mi affascina da sempre.

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    1. La La Land è un film allegro e canterino e alla maggior parte degli spettatori comunica gioia di vivere. Io ho letto questo sottotesto che credo sia voluto dal regista (poi non so, spesso mi capita di vedere un altro film rispetto alle altre persone in sala, anche se la pellicola è proprio la stessa).

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  3. Bella riflessione.
    Considerato che non ho visto il film, ma dalle tue parole -tra le righe- posso immaginare... non saprei che dirti. Mi ricorda un po' la storia di Griffith in Berserk, sul sacrificio e il sogno... dipende da quanto siamo destinati a essere grandi.
    Io vorrei metà e metà :)

    Moz-

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    1. Metà e metà credo che lo vorrebbero tutti. Chi non vorrebbe un successo non eterno, ma solido e felicità personale? L'equilibrio, però, è sempre la cosa più difficile da raggiungere.

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    2. Vero, il discorso calza a pennello a Grifis!!

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  4. Anche io giustifico così la mia mediocrità 😅 o comunque ho sempre puntato a essere una persona completa più che un talento in un campo particolare. Che poi magari dedicandomi davvero con tutta me stessa avrei sfondato, ma.... Come dici tu a che prezzo? Non solo della felicità ma anche dell' equilibrio, dello sviluppo armonioso non solo dei campi in cui mostriamo grandi potenzialità ma anche di quelli in cui abbiamo limiti.

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    1. Credo che lo sviluppo armonioso, per sua natura, sia contrario ai picchi e quindi anche a quelli della genialità. Poi magari sbaglio, gli artisti infelici e dalle vite difficili fanno più notizia, magari di quelli che hanno saputo conciliare il tutto...

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  5. Non ho visto Whiplash, ma dopo aver apprezzato La La Land credo che lo guarderò.
    Capisco questo discorso, perché è vero che per diventare bravi bisogna dedicarsi con molto impegno a quello che si fa. Io ho sempre fatto tante attività, ma negli ultimi anni mi sono dedicata sempre più alla recitazione, lasciando in secondo piano il resto. Non disegno praticamente più e scrivo molto poco. Però non faccio solo quello, sarebbe impensabile! Esco, leggo dei libri, guardo dei film... Insomma, posso passare un pomeriggio su un audio racconto, ma alla fine mi butto sul divano e mi riposo.
    Forse alcuni riescono a dedicarsi solo al proprio talento, ma io no: ho bisogno anche di riposarmi e distrarmi. Forse se mi fossi impegnata di più sarei più brava, o forse no. Perché secondo me anche la felicità aiuta e se si è felici si crea meglio. O forse funziona solo per certe persone, perché ci sono e ci sono stati moltissimi artisti infelici.
    Insomma... è complicato. Ma secondo me la felicità aiuta il successo. Almeno nel mio caso, perché io quando sono triste non riesco a combinare nulla.

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    1. Che poi, magari, gli artisti di successo felici semplicemente non fanno notizia, chissà se è mai stato fatto uno studio statistico attendibile?

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  6. Non ho letto tutto, mi sono fermata alla prima parte del post, perché io ho intenzione di vedere questo film. Sento che mi piacerà. :)

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    1. È un bel film, girato in modo meraviglioso, solo io l'ho trovato meno dolce e ottimista di quanto non sembri.

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