giovedì 9 aprile 2015

Quello che spero di non trovare tra le pagine


La primavera mi invoglia a dormire, leggere, andare a caccia di piccoli, splendidi fiori come questo, non a scrivere post impegnati.
Così, come non prendere spunto dalle amiche di blog?
Scrivere è vivere ci racconto cosa determina per Grazia la morte di una storia e Lisa le cinque cose che non sopporta quando legge. Come resistere alla tentazione di elencare anch'io tutto ciò che spero di non trovare in un libro (e che, di riflesso, spero di non scrivere mai)?

UN FINALE NON BEN COSTRUITO
Io tifo sempre per il lieto fine, ma so che a volte è narrativamente impossibile. A quel punto preferisco versare un fiume di lacrime piuttosto che vedere un personaggio salvato per i capelli per creare un finale "più commerciale". Così come non sopporto quando i grandi conflitti apparentemente insanabili si risolvono a tarlallucci e vino e di fronte carrambata finale consolatoria metterei a morte l'autore.
Credo che sia la cosa che mi dà più fastidio in assoluto. Io sono disposta a seguire l'autore nel più improbabile dei mondi, ma che mi si prenda in giro o mi si dia un contentino finale proprio non lo sopporto.
Il finale che mi ha dato più fastidio in assoluto, da questo punto di vista, è stato quello de La scomparsa dell'Erebus di Dan Simmons in cui alla fine (SPOILER!) il protagonista scopre di avere poteri psichici che mai si erano manifestati prima, di cui nessuno (lettore o personaggio) avevano subodorato l'esistenza e che, di fatto, gli salvano la pelle. Io ho amato quel protagonista e nell'ecatombe del romanzo ho tifato per lui con tutte le mie forze, ma vederlo salvato per i capelli in quel modo non mi è piaciuto per niente.

L'ERRORE STORICO-GEOGRAFICO
Sono un'archeologa, non ci posso fare niente. Posso appassionarmi al fantasy più improbabile, ma se l'autore ambienta una storia in un dato luogo e/o tempo non può permettersi errore. Tutta la mia irritabilità da professoressa che corregge le verifiche viene fuori. Per questo sono sempre titubante nell'approcciarmi a un romanzo storico. Perché so che posso innamorarmene, ma anche uscire dalla lettura con una di quelle arrabbiature che tolgono dieci anni di vita.
Il caso più recente? Un thriller ambientato in una valle alpina a un'ora d'auto da casa mia dove l'autore pretendeva ci fosse tra gli anziani una leggenda legata agli albatros. Ora la sola idea che gli anziani della valletta alpina avessero un'idea di cosa fosse un albatro indipendente da documentari di Piero Angela mi ha raggelato il sangue nelle vene. Non sono riuscita a proseguire la lettura.

L'AUTORE CHE ODIA IL MONDO CHE RACCONTA
Non indosso gli occhiali rosa, so che il mondo è un brutto posto e che l'umanità è capace delle peggio cose. Non voglio che la letteratura mi addolcisca la pillola, ma mi sento affine a quegli autori che hanno uno sguardo affettuoso sull'umanità. Attenzione, non consolatorio, ma empatico. 
Forse è per questo che amo tanto la Le Guin, che è capace di raccontare cose terribili, ma non smette mai di voler bene ai propri personaggi. Forse, come dice un'altra autrice che amo, Luis McMaster Bujold, sono in cerca di anime imperfette, ma grandi.
Ci sono autori, invece, che scrivono al solo scopo di descrivere quanto gretta, vile e meschina sia l'umanità. In cui nessun personaggio si eleva dalla sua condizione di squallido approfittatore e il messaggio complessivo che si ricava dalla lettura è che il mondo e l'umanità fanno schifo.
Preferisco piuttosto gli estremi opposti, l'ambiguità morale di Pérez-Reverte che ne La regina del sud fa innamorare di criminali che fanno le peggio cose, ma che mantengono, a dispetto di tutto, una loro intrinseca limpidezza. Oppure lo sguardo incredibilmente affettuoso di Patrick O'Brian, che descrive un'umanità in guerra, eroi fallibili e autodistruttivi e arriva a dire di una spia che ha sedotto un brav'uomo e sta per mollarlo, indigente, con il figlio avuto da lui "era comunque una persona di innata bontà".

L'ECCESSIVO MOLTIPLICARSI DI PERSONAGGI/LA GRANDE SAGA FAMIGLIARE
Sono persona di poche amicizie scelte. Mi affeziono a pochi personaggi per volta. Per questo diffido delle saghe famigliari che fanno percorrere generazioni intere o i libri che ruotano intorno a un luogo o a una casa, un monumento, dove nel tempo si alternano generazioni e personaggi. Mi affeziono alle persone, non ai luoghi o alle cose.
Allo stesso modo la moda alla Martin di moltiplicare all'inverosimile i punti di vista non mi esalta. Finisce che di alcuni personaggi non mi importa nulla e rischio di saltare interi capitoli perché non ho voglia di leggere di loro. Questo è, tra l'altro, uno dei motivi che mi ha allontanato da Le cronache del ghiaccio e del fuoco. Al momento Le cronache della folgoluce è l'unica saga a punto di vista multiplo che mi stia prendendo, perché quasi nessuno dei protagonisti mi risulta insopportabile.

VORREI MA NON POSSO
In letteratura tutto si può fare, a patto di saperlo fare.
Non disdegno il puro virtuosismo stilistico (anche se alla lunga mi annoia), ma bisogna saperlo gestire. L'autore che già viene presentato come quello che scrive "alla maniera di..." o "il xxx italiano" già mi irrita. Mi disturba il desiderio di stupire mal gestito, la boria tipica di certi esordienti e il voler emulare modelli ingestibili. Preferirei che più persone si limitassero a scrivere buone storie, piuttosto che puntare al "grande capolavoro mai visto".


In effetti questi cinque punti mi danno così fastidio che possono essere girati al contrario in cinque aspetti fondanti della mia scrittura.
– Mi scervello per costruire un finale all'altezza della storia. E non sono quasi mai soddisfatta...
– Dedico molto tempo alla documentazione. Spesso buttato, perché nella storia se ne entra un 5% è tanto...
– Guardo con profondo affetto i miei imperfetti personaggi. Pure troppo, mi affeziono anche a delle pessime persone (il marito dice che lo faccio anche nella vita vera...)
– Due, al massimo tre punti di vista mi bastano e avanzano. Al massimo scrivo più storie della stessa saga, ciascuna con un punto di vista differenze (come sto facendo con i racconti ambientati nel Leynlared)
– Cerco la massima semplicità stilistica. Cosa che per una che ha un modo di pensare piuttosto involuto come me non è proprio istintivo.

Oggi la rivista on-line Kultural ha pubblicato un mio racconto. È uno strano esperimento. La riscrittura in chiave noir-moderna di uno dei miti più conosciuti e riscritti.
Credo che a portarmi a scriverlo sia stato proprio il mio desiderio di guardare in modo affettuoso anche l'umanità considerata peggiore. L'idea che la grandezza si intorno a noi, ma non sappiamo più riconoscerla. Per chi vuole, vi lascio alla lettura di

Vi ricordo, inoltre, la presentazione di sabato alle 16.00 a Pettenasco. 

22 commenti:

  1. Il finale a lieto fine ovviamente piace a tutti. Però, come giustamente dici, non semrpe è possibile. L'autore deve pensare prima di tutto al lettore e alla qualità della storia.
    Sull'errore storico concordo in pieno: la documentazione serve a quello.
    Bernard Cornwell a fine di ogni romanzo storico scrive una nota dove spiega le libertà, piccole comunque, che si è preso per esigenze narrative.
    Io penso di essere fra quegli scrittori che odiano il mondo e l'umanità :D
    Non mi piace trovare nella storia scene poco credibili.
    Devo ancora iniziare il primo volume della saga di Sanderson.

    Le etichette danno fastidio anche a me. Inoltre sminuiscono l'autore. "Lo Stephen King italiano" non esalta lo scrittore italiano, lo mette sotto al livello di King. Che sia vero o meno non importa.

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    1. Sì, hai ragione, le etichette, oltre a essere fastidiose, sminuiscono proprio l'autore che vorrebbero esaltare.

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  2. Stuzzica anche me l'idea di trovare cinque cose che non sopporto nella lettura, chissà che non mediti di farne un post.
    Intanto ti do ragionissimo sulle saghe con ramificazioni familiari ai limiti della sopportazione. Io di recente ho letto "Ovunque proteggici" di Elisa Ruotolo e mi sono trovata a prendere appunti e a disegnare alberi genealogici per raccapezzarmi: una faticata che mi ha tolto il piacere della lettura

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    1. So che molti le amano, infatti per molto tempo ho pensato che dovessi in qualche modo farmele piacere. Alla fine ho deciso che i gusti sono gusti e che va bene così. "Emozionante saga famigliare" è l'espressione perfetta per tenermi lontana da un romanzo.

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  3. Odio il qualunquismo sulle istituzioni. Gli autori che parlano di commissariati, tribunali, carceri, studi notarili, agenzia delle entrate e simili senza averne una minima conoscenza, ma solo per sentito dire, perché suona, perché si vede in tv (senza contare che anche le fiction in genere procedono infischiandosene bellamente di quella che è la realtà). Questo comunque è un aspetto mio e, lo ammetto, molto settoriale. Tra l'altro fortunatamente lo trovo anche poco spesso visto che leggo poco d'ambientazione attuale.
    Odio, questo sì, il personaggio stereotipato, soprattutto se donna, e lo specifico perché è la donna a essere maggiormente stereotipata.. Davvero una cosa che non riesco a digerire.

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    1. Scrivendo per lo più gialli passo un sacco di tempo sui siti delle forze dell'ordine, ma ho paurissima di scrivere degli errori madornali. Purtroppo mi manca una fonte di prima mano. Qualcuno ha da prestarmi un carabiniere da mettere sotto torchio?

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    2. Sai che potrebbero esserti utili i mini compendi di procedura penale? All'epoca in cui studiavo io erano validi per darti un'idea pratica dei fatti, che sui testi di studio e i codici non veniva mai fuori.

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  4. Anch'io non sopporto i finali troppo inverosimili, e non sopporto neppure il proliferare di personaggi.
    Una cosa che proprio non sopporto, poi, sono le narrazioni che non vanno a parare da nessuna parte, quei monologhi che vorrebbero raccontare una storia e una morale e riescono solo a mettere insieme un'infinità di verbose divagazioni inutili dimenticandosi proprio di metterci in mezzo la storia e la morale...

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    1. La storia! C'è chi dice che sia inutile e superata, eppure è il "come andrà a finire?" a farmi girare pagina. Sarà anche un limite mio, ma non mi sembra un particolare così secondario...

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  5. Pensa che a me invece piacciono le storie con tanti personaggi e ben caratterizzati, indipendentemente dal numero di punti di vista utilizzati. L'importante è che siano ben gestiti. Un esempio è "come dio comanda", di Nicolò Ammaniti! :)
    Credo che prima o poi anche io farò un post analogo! :p

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    1. Invece io mi affeziono a pochi personaggi e poi tendo a saltare i pezzi in cui loro non ci sono... Per fortuna i libri sono tanti e ce n'è abbastanza per accontentare i miei e i tuoi gusti.

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    2. Io ho tanti personaggi e pochi pdv ma spero che tu mi legga lo stesso! :p

      Comunque ieri, dopo averti risposto, mi è venuto in mente un romanzo letto di recente, "Il confessore" di Jo Nesbo, che aveva un modo proprio originale di gestire il PdV: ce ne erano tantissimi, anche di comparse, ma MAI quello del protagonista, la cui immagine era sempre filtrato dall'esterno. Eppure, ciò nonostante, non emergeva un'idea di frammentarietà, tutt'altro!

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    3. Certo che ti leggo! E non è una regola ferrea la mia, anzi. Molte storie che ho amato hanno molteplici punti di vista. Solo che, d'istinto, preferisco il caro vecchio protagonista.

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  6. All'incirca detesto anch'io le stesse cose. Aggiungerei, come dico spesso, i dialoghi in cui non capisco chi sta parlando. L'unica differenza sostanziale è che io adoro le saghe familiari, e non mi spaventano gli alberi genealogici intricati... addirittura quando non sono già presenti nel romanzo, li costruisco io.

    Mi è capitato con "Cent'anni di solitudine" e "I Vicerè" di De Roberto, dove oltretutto i personaggi avevano nomi identici, perché a un certo punto non capivo più chi fosse l'Aureliano Buendia o il principe di Francalanza di cui si stava parlando. Certo devono essere caratterizzati con grande abilità.

    Un altro bel romanzo di saghe familiari è "Neve sottile" che narra la storia di una famiglia giapponese prima e durante la Seconda Guerra mondiale.

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    1. Sarà individualismo il mio? Non so, però non mi attirano le storie famigliari né quelle incentrate su un luogo o un oggetto. Infatti ho il sacro terrore di "Cent'anni di solitudine"

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  7. Con me gli autori storici hanno vita facile, perché so poco e ricordo ancora meno quando si tratta di memorizzare i dettagli del passato.
    Adoro le saghe famigliari pluri-generazionali, mi irrito solo se il nonno, il nipote e il vicino di casa si chiamano tutti Mario, allora lì sì che comincio a trovarmi in difficoltà a riconoscere chi è chi... altrimenti mi identifico senza problemi come se fosse anch'io un membro della famiglia allargata!
    PS: grazie per il link.
    PPS: sto facendo foto ai miei fiori per farti concorrenza, ma finora non sono riuscita a batterti!

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    1. Ah, non vedo l'ora di vedere le tue foto! Il mio problema è la stagionalità, adesso fiori come se piovesse (e una terribile allergia che limita le mie escursioni fotografiche) e poi più nulla...

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  8. Bellissimi questi fiorellini bianchi! Sembrano proprio loro: piccoli, a tappeto, nella penombra sotto gli alberi?
    Condivido molti dei tuoi punti, in particolare quello in cui parli dell'odio dell'autore per il mondo che descrive. Sento anch'io molto forte il desiderio di empatia. In pratica, se non la trovo abbandono il libro. "Anime imperfette, ma grandi". E' proprio così (e io devo leggere questa autrice).

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    1. Ah, si la McMaster Bujold ti piacerebbe un sacco. La pubblicava Nord, ma quella di una volta, forse però la trilogia fantasy è uscita anche in economica TEA. È molto, molto particolare e io l'ho adorata (anche per la produzione fantascientifica).
      E sì, i fiori sono proprio quelli. Non so mai i nomi, però...

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    2. Nemmeno io. Sono una botanica del cuore. ;)
      Consigli sulla Bujold? (Scusa se ti sfrutto, ma non sempre trovo persone con i miei gusti.)

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    3. Assolutamente i fantasy "L'ombra della maledizione" e "La messaggera delle anime" (che trovi anche in edizioni Tea). Molto, molto atipici. Se ti vuoi andare sulla fantascienza c'è la serie dei Vor, che avrà una quindicina di volumi...

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