sabato 18 aprile 2015

Prima che venga il gelo – ultima parte

Parte Prima
Parte Seconda
Parte Terza
Parte Quarta
Parte Quinta

Eccoci, siamo arrivati in fondo a un racconto che forse non presenta particolari colpi di scena, ma è comunque un punto di partenza necessario. 

  Entrato in casa, dopo aver bussato col giusto codice, Ven si accorse che c’era una persona in più nella stanza.
  Davvero quella non era più casa sua.
  Il nuovo arrivato era un cinquantenne che trasudava nobiltà da ogni poro. Dalla posa composta con cui sedeva sul pavimento in terra battuta, dai baffi ordinati, dal modo il cui la mano era corsa all’elsa ingioiellata della spada nel momento in cui Ven era entrato.
  – Adrash an’Parshi, Maestro d’Armi del Sal. – lo presentò Amrod. – Ieri ha protetto la mia fuga. Oggi credo che sia il primo dei miei generali.
  – Come l’avete trovato? – chiese Ven, diffidente.
 Non aveva rinunciato a una piccola fortuna perché qualcun altro uccidesse il principe senza lasciargli alcun guadagno. 
  L’uomo sorrise al cipiglio del pastore.
 – Lo stavo giusto raccontando. – disse. – Ieri… Per lo Spirito, sembra passato un secolo… Ieri, quindi, sapevo che il tradimento era nell’aria. Solo, non sapevo quante delle nostre guardie erano coinvolte… Ci stavamo spostando con trenta armati del leyler a lui fedeli e venti Guardie d’Argento giunte con noi dal Sal di Caysal. Io non faccio parte della Guardia d’Argento e sono giunto a Caysal da relativamente poco tempo non sapevo esattamente di chi ci potesse fidare.
  Amrod annuì.
  Non c’erano più tracce di pianto sul suo viso. Era seduto sul giaciglio con un braccio al collo, ma aveva il fare composto che ci si aspetta da un principe.
  – Sospettavate che avrebbero preso Luvan? – chiese.
  – No… Col senno di poi… La vostra amicizia non era un segreto. Era palese che sarebbe stato un vostro punto debole. Ma no, era solo uno dei segretari di vostro padre, famoso per la bella calligrafia con cui copiava le lettere ufficiali. Non ho pensato di proteggerlo. Non l’ho visto ieri mattina, ma c’erano carri che viaggiavano più indietro, ho dato per scontato che fosse su uno di quelli… 
  – Ieri… – iniziò Amord, scegliendo piano le parole. – Quando il leyler ha chiesto se fosse il mio amante… Se avessi fatto qualcosa di diverso, se avessi negato, sarebbe cambiato qualcosa?
  Se non altro, pensò Ven, il principe non sembrava il tipo da sottrarsi alle domande difficili.
  – Non nell’immediato. – rispose an’Parshi. Lui non si sottraeva alle risposte. – Non penso avessero neppure la certezza che Luvan fosse il vostro amante. Speravano di sconvolgervi e quindi di accusarvi di essere un perverso codardo, non certo di scatenare… Quello. Ne avete uccisi quattro in tre battiti di ciglia… In ogni caso, il racconto di quello che è accaduto, di come avete risposto, si spargerà e questo cambierà per sempre la vostra immagine.
  – Mai più proposte di alleanze per matrimonio. – replicò Amrod. – Quando ho attaccato… Non ero molto lucido… Pensavo solo di ammazzarne il più possibile e poi di farmi uccidere a mia volta… Poi ho sentito la vostra voce che mi intimava di fuggire… Ho pensato che Luvan non sarebbe stato soddisfatto se avessi lascito le Ley a Leyler Turis. Uno dei ragazzi della scorta, Amgus, credo, mi ha avvicinato le redini e mi ha coperto mentre salivo in sella. È stato colpito per questo… 
  – Sì. – annuì an’Parshi. – le Guardie d’Argento hanno avuto pochi istanti per scegliere a chi essere fedeli. Più della metà ha iniziato a combattere con me. Eravamo comunque in netta minoranza… Abbiamo visto la freccia colpirvi, ma non siete caduto. A quel punto abbiamo provato a disimpegnarci per confondere le vostre tracce e proteggervi la fuga… Sapendo come cavalcate vi avremmo dato migliori possibilità lasciandovi andare solo e cercando di confondere gli uomini di Turis.
  – Quanti dei miei uomini sono sopravvissuti?
  An’Parshi scosse il capo.
  – Non lo so. Abbiamo cercato di fare più caos possibile e ci siamo dispersi. Nella notte ci siamo ritrovati in tre. Io, Mertin e Ferto. Ho lasciato i ragazzi nascosti in un punto sicuro. Abbiamo incontrato un gruppo di Coyranà, vostra nonna, mia signora, una donna di potere. Ci stavano cercando e mi hanno indirizzato qua. Al momento, le vostre forze sicure sul territorio ammontano a tre soldati e un gruppetto di Coyranà.
  –… Il corpo di Luvan… Non l’avete recuperato, immagino. – sussurrò il principe.
  – Non ne abbiamo avuto la possibilità.
  Amord aveva pianto per suo padre davanti a una strega e a un pastore, ma non pianse per il proprio amante davanti al suo soldato. Distolse appena per un istante lo sguardo.
  – Per fuggire ho usato tutti i vostri sporchi trucchi. – disse invece, cambiando argomento. – Due traditori mi hanno raggiunto. Due Guardie d’Argento che conoscevo da una vita. Hain e Kubert. Ho usato i pugnali avvelenati. Ho nascosto i corpi e ho preso i loro cavalli, facendoli correre uno a fianco all’altro, mentre il mio proseguiva su un’altra strada. Non riuscivo a estrarre la freccia, da solo. Alla fine, quando li ho sentiti dietro di me, mi sono buttato in un fiume. Sono ripassato proprio sotto di loro…  Ma tra il freddo e la ferita ho finito per perdere i sensi… Credo che la mia fuga sia durata meno di quattro ore, poi Ven mi ha trovato.
 Al sentirlo nominare, il nobile si girò verso il pastore, come ricordandosi solo in quel momento della sua esistenza. Anche se sedeva nella sua casa.
  – Ben fatto, ragazzo. A tempo debito questa lealtà sarà ripagata. – disse.
 Ven si trattenne a stento dallo sbuffare. Nonostante il suo fare composto, Amrod non sembrava il miglior investimento del momento. Il principe parve accorgersene e gli rivolse un mezzo sorriso.
  – Cosa ci si aspetta che io faccia? – chiese Amrod.
  – Vostro zio, il leylord dell’Est, riunirà gli eserciti dell’Est e del Centro. – rispose an’Parshi. – Il Sud è in bilico. Dobbiamo riunirci al più presto a vostro zio e studiare con lui un piano d’azione.
 – Mio zio è il miglior generale delle Ley, non ha bisogno di me per studiare un piano d’azione. – replicò Amrod.
 – Cosa volete fare, mio signore? – chiese an’Parshi.
 Amrod si concesse un sorriso amaro.
 – Quello che vorrei fare non verrà discusso adesso. Ora discutiamo di quello che farò. Vilaya, c’è un modo per mettersi in comunicazione con mio zio, nella Ley dell’Est?
 La ragazza si sfiorò il corpetto.
 – Sì. C’è. – rispose.
 Ven annuì. Si diceva che le donne Coyranà potessero comunicare in qualche modo tra loro a grande distanza. Probabilmente c’era del vero in quelle voci.
  – Ven, quanto siamo distanti dalla più vicina miniera prigione?
  Sentendosi chiamato in causa, Ven sobbalzò.
  – Quella in cui hanno rinchiuso mio zio è a mezza giornata di cammino.
 – E, suppongo, è piena di gente del nord detenuta ingiustamente e, di conseguenza, arrabbiata. Queste persone, a loro volta, avranno delle famiglie, anche loro piuttosto arrabbiate.
  – Cosa volete fare? – chiese an’Parshi.
  – Non quello che voglio fare. Quello che farò è far capire alla gente del nord che non è la legge del leylord che li ha resi schiavi. Tutti pensano che io debba fuggire verso sud, per riunirmi all’esercito che mio zio tra qualche decade avrà organizzato. Il leyler non manderà guardie aggiuntive alla miniera prigione. Penso che una bella rivolta sia proprio quello che ci vuole. Penso che, quando avremo liberato i loro cari, molti degli abitanti del nord potranno scegliere un leylord pervertito che fa rispettare delle leggi certe, piuttosto che un virile leyler che li affama e li schiavizza.
  – Questo è… 
  Il nobile era rimasto a boccheggiare.
 Ven sperò che si rendesse conto che tre uomini armati, una strega coyranà e un principe pervertito ferito non avevano alcuna speranza contro qualche decina di guardie armate.
  Amrod, però, adesso stava fissando lui.
  – Ovviamente la gente imprigionata nella miniera non si fiderà di una strega coyranà, di un nobile che ha vissuto all’estero metà della vita o di un leylord pervertito. Ci vuole qualcuno di cui possano fidarsi, che possa garantire per noi, un uomo del nord che senta tutto il peso delle angherie del leyler.
  Ven sbatté le palpebre un paio di volte, non del tutto convinto che stesse davvero parlando di lui.
  – Io sono un pastore. – si trovò a dire, quasi balbettando. – Non so leggere. So contare solo le mie pecore. Non sono mai stato a oltre un giorno di cavallo da qui. Non voglio avere a che fare con questo. È solo un caso che vi abbia trovato io. Domani voi sarete andato e io tornerò a badare alle mie pecore.
  Amrod continuava a fissarlo. Aveva occhi chiarissimi, difficili da ignorare.
  – Non ho scelto di essere leylord. Lo Spirito solo sa se non avesse ragione mio padre. Un leylord dovrebbe essere grande e forte e combattere con uno spadone a due mani. Io non riesco neppure a sollevarlo un spadone a due mani. Non posso essere quello che non sono, ma sarebbe un insulto verso lo Spirito e verso le persone che ieri sono morte per permettermi di vivere se non facessi del mio meglio con quello che sono. Tu mi hai salvato. Non hai scelto di trovarmi, ma hai scelto di salvarmi. Non mi importa quello che non puoi fare. Ma sarebbe un insulto verso te stesso non fare quello che invece puoi fare. Darti una possibilità, per quanto improbabile.
  Impercettibilmente, lo sguardo del principe si era spostato verso Vilaya. Anche lei stava guardando Ven. Lo guardava come nessuna donna l’aveva mai guardato. Non come un pastore pieno di debiti, ma come un potenziale eroe.
  Lei, era chiaro, sarebbe andato con Amrod. Lui poteva fare lo stesso. 
  Era un’infatuazione, nel migliore dei casi un amore impossibile.
  Non ne sarebbe uscito niente di buono.
  – Sono dei vostri. – disse, sostenendo lo sguardo grigio del principe.

*

 – Raccontami ancora di te e di mio papà.
 In sottofondo, un trovatore stava cantando un vecchia ballata nel Salone d’Inverno del Sal.
 Patrize era fuggita dal controllo della sua bambinaia, si era intrufolata tra le gambe dei nobili della corte e si era arrampicato sulle ginocchia del leylord. A cinque anni, non sapeva di essere l’unica persona a cui Amord mostrasse pubblicamente affetto. Nel suo mondo infantile, non le era sembrato strano che, dopo la morte di suo padre, nella ley del Nord, fosse arrivato un uomo vestito di velluto e pellicce per annunciare a lei e al fratello che il leylord li accoglieva a corte, perché, tanti anni prima, loro padre, Ven Sender, gli aveva salvato la vita. 
 Amord le accarezzò i capelli castani.
 Non era figlia di Vilaya, morta in un fulgido tramonto di primavera, durante la lunga guerra civile che lo aveva portato sul trono.
 Da qualche parte nel palazzo, il fratello di Patrize stava probabilmente leggendo con la fronte corrucciata. Aveva quindici anni, un carattere terribile e, quando era stato condotto a palazzo, sapeva scrivere in due lingue, sia pure con una pessima calligrafia. 
 Amrod regnava ormai da più di trent’anni. Non c’erano più schiavi nel Leynlared e quasi nessun analfabeta.
 – La mia storia! – protestò la bambina.
 Il leylord sorrise.

 – Tutto è iniziato per via di Puk, il cane di tuo papà, che era innamorato della femmina di segugio di un lord. Non bisogna mai sottovalutare la forza e gli effetti degli amori impossibili… 

Eccoci in fondo. Sono ancora troppo febbricitante per aggiungere qualcosa di coerente. Vi posso lasciare il link a un'altro storia del Leynlared, una delle poche rese pubbliche, insieme a La recluta muta, pubblicata nell'antologia Il carnevale dell'uomo cervo e altri racconti dal trofeo Rill e dintorni, l'antologia realizzata per l'edizione 2012 del Trofeo Rill (dove il mio racconto si è classificato terzo).

5 commenti:

  1. Grazie! Peccato non poter proseguire la lettura. Auguri per la febbre! :)

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    1. A dir la verità pensavo di postare altri due, forse tre racconti del Leynlared. Per motivi legati ai complessi rapporti tra i personaggi non posso andare in ordine cronologico lineare, anche se con questo sono partita dal principio.
      Per i prossimi garantisco più brio, azione, un pizzico di magia (poca poca a dire il vero) e qualche colpo di scena.

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    2. Mi piace la magia poca poca. Detesto l'effetto fuochi d'artificio ogni due pagine.

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  2. Mi domando che tipo ti lealtà avrebbe avuto davvero un principe omosessuale in un mondo come quello medievale cui fai riferimento. Ho provato a fare qualche ricerca veloce e mi è parso di capire che le corti sopportassero male questo tipo di inclinazione del sovrano. Bisogna anche dire che sono assai pochi i sovrani morti di vecchiaia...

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    1. Infatti quello della lealtà è IL problema di Amrod, come si vedrà nei prossimi racconti (o in "Quello che gli uomini sognano", se ti va di leggerlo). Diventerà un uomo costantemente costretto a fare cose che non vorrebbe pur di dimostrare di essere adatto a ricoprire il proprio ruolo.
      E non so se sono riuscita a imprimere la giusta dose di malinconia nel finale. Gli amori impossibili possono cambiare le cose ben oltre i propositi dei loro protagonisti, ma è ben raro che finiscano bene...

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