mercoledì 10 maggio 2017

Le cose che non so

I miei giorni di maternità scivolano inesorabili verso la fine, ma in questi ultimi scampoli, in un maggio pazzerello che sembra marzo, la vita di paese mi riserva svolte inaspettate.
L'altro giorno non sono riuscita a rispondere a una telefonata e, nell'imbarazzo di spiegarne il motivo, mi sono trincerata dietro un neutro "momento concitato" che poteva voler dire tutto o niente. In realtà stavo inseguendo, insieme a mia suocera, una gallina in fuga per le vie del paese. La poveretta aveva visto la propria dimora invasa dal cocker di casa, la creatura più innocua del mondo, ma che tale non deve essere parsa alla gallina. Essendo un esemplare nano dotato di folto piumaggio è riuscita, sia pure con la grazia propria dei polli a spiccare un volo sufficiente per uscire non solo dalla propria dimora, ma anche dalla recinzione del giardino. Non c'è stata altra soluzione che rincorrerla, prima che finisse sotto un'auto o nelle fauci di un altro, ben più feroce, cane. Il fatto è che, nel momento culminante dell'inseguimento, mi sono resa conto di non sapere, o non saper più (perché nella mia infanzia le galline c'erano) come afferrare la fuggitiva senza farle male e senza farmi beccare. Quindi mi sono limitata a trattenerla, mettendola all'angolo fino a che mia suocera, con gesti esperti, non l'ha recuperata.
In questi giorni il risveglio della campagna mi mostra di continuo tutta la mia ignoranza. Ieri lo zio spiegava quale fosse la tecnica più adatta per pulire gli zoccoli agli asini. Io e la pupattola siamo state estasiate di poter approfittare dell'occasione per un incontro ravvicinato, ma mi sono resa conto che io, al posto dello zio, sarei riuscita solo a farmi calciare via. 
Intanto si raccolgono i fiori acacia per farne frittelle e ogni sorta di erba selvatica commestibile. Io ricordo vagamente un tempo in cui andavo con la nonna a raccogliere il tarassaco nei prati, ma non credo di ricordarne i tempi di cottura o la ricetta. Di certo non avevo mai sospettato che dai fiori di acacia si potessero fare frittelle.

Ho sempre sorriso delle paure di mio padre, convinto che prima o dopo la nostra società collasserà di colpo. Per prepararsi ha calcolato quanta terra serve per sostenere mucche a sufficienza per il fabbisogno della famiglia (suppongo che abbia un accordo con qualche stalla per l'acquisto delle mucche in caso di inizio di guerra atomica, pandemia o apocalisse zombie) e ha in solaio legna per scaldare la casa per cinque anni. Ieri ho pensato che se quello che lui chiama "medioevo prossimo venturo" giungesse davvero io non saprei che farmene delle sue precauzioni perché non so mungere una mucca, figuriamoci macellarla, non so conservare la carne, fare il formaggio e probabilmente non riuscirei neppure a coltivare le patate nel campo appositamente predisposto.
Ero molto fiera di me per essere riuscita a far funzionare il sito della Carta Docente e compiere i miei acquisti con il buono, vincendo la lotta con la burocrazia che, informatizzandosi, ha trovato nuove vette di complicazioni. Però tra un anno o due il sito sarà cambiato, l'informatica sarà progredita e il mio risultato odierno sarà obsoleto come il Turbo Pascal che mi insegnarono (poco) alle superiori. Invece una mucca, suppongo, si potrà mungere sempre allo stesso modo.
Con i miei  nuovi pensieri da mamma, a cui non mi sono ancora abituata, ho pensato che tutto sommato non mi spiacerebbe se la pupattola imparasse qualcosa di più stabile della nuova cultura liquida di un mondo post moderno in continua evoluzione. Questo mondo, fatto di prati, di asini, mucche ed erbe commestibili, rimarrà vero oltre la fine di ogni realtà virtuale. Non mi spiacerebbe se mia figlia sapesse muoverci meglio di me (che vi sono comunque più a mio agio di molti miei coetanei).

Poi però mi sono consolata e sentita un po' meno inetta.
Non importa quanto cambi o imploda la tecnologia e quante cose cose io non sappia. Da prima che l'uomo iniziasse a mungere le mucche già raccontava storie. Credo ne avrà sempre bisogno.
Se mio padre dovesse aver ragione, mi riciclerò come raccontastorie itinerante, barattando trame in cambio di cibo.

19 commenti:

  1. Anch'io anch'io farei il raccontastorie.
    Le frittelle di foglie di acacia mai sentite ma mi ispirano un sacco. Ho una vaga cultura campagnola grazie ai nonni valtellinesi, so che radunare le galline è un'impresa difficile, ho visto ammazzare un maiale, ho ammirato un vitellino di poche ore, e bevuto ettolitri di latte appena munto.
    Sandra

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    1. Fiori, non foglie!
      Ecco, quello di cui mi sto rendendo conto è che ho visto un sacco di vita di campagna, ma non saprei rifare quasi nulla. Fino alle galline sento di potercela fare, ma già quando si tratta di ammazzare un coniglio? E poi come si spella? E come lo si pulisce? Idem con la verdura. Fino all'orto ce la posso fare, ma vangare un intero campo di patate? Sgranare le pannocchie?
      (grazie allo zio, abbiamo visto asinelli e caprette appena nati, dolcissimi!)

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  2. Anche io sono anni che non prendo galline!!!! Mi pare di ricordare che da piccola le afferrassi delicatamente bloccando le ali, dalla schiena. Mia nonna, meno delicata, dalle zampe.

    Ho passato gli anni delle medie a coltivare piccoli orti sul balcone e a imparare a pescare, e forse sono queste passioni che mi hanno spinto verso le scienze naturali. Un paio di estati fa ho iniziato a frequentare dei margari e ho imparato a mungere, perché alla piccola piaceva. Zoccoli ne pulisco decine a settimana,o meglio sempre gli stessi quattro, ma più volte ❤

    .....insomma, nel medioevo prossimo venturo vieni pure a stare da me!!! ��

    Più seriamente, a volte piccole associazioni organizzano laboratori di tipo naturalistico per bambini. Per due anni ho portato mia figlia a quelli del Parco del Nobile a Collegno, per 5 euro a settimana, merenda compresa, ci hanno insegnato i segreti dell'apicoltura, delle coltivazioni, dell'allevamento dei conigli e del bird watching. Veronica non vede l'ora di frequentarli ancora, e io trovo tutto ciò molto più utile che saper usare un tablet, anche se ahime' gia' usa anche quello...

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  3. ...medioevo prossimo venturo a parte, lo trovo utile perché sento come essenziale non perdere il contatto con la vera natura del nostro mondo , che a mio avviso non sono schermi lcd e cemento. Mi sento viva tra l'erba o coperta di pelo di qualche bestia, in una grande città mi sento in prigione, come se il vero mondo mi venisse nascosto....

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    1. Anch'io sono decisamente da campagna e le api le abbiamo avute, fino a che non è arrivato il nipotino. Ho anche fatto delle profumatissime candele con la cera raffinata in casa.
      L'ideale, credo, è saper fare un po' di tutto, il tablet e la mucca non sono così escludenti, spero.

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  4. Temo che tuo padre potrebbe averci preso con le sue previsioni, nel qual caso, essendo io come te del tutto ignorante di come si gestiscono un pezzo di terra e del bestiame, mi offro sin d'ora come bracciante addetto ai lavori faticosi in cambio di pane e companatico giornaliero :-D
    Seriamente, mi piacerebbe apprendere come si vive "da campagnolo", quanto meno perché un giorno potrei davvero mollare tutto, fuggire "via dalla pazza folla" e assecondare definitivamente la mia tendenza alla misantropia.

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    1. In realtà quella di campagna è una vita molto sociale, perché si sente ancor di più l'interconnessione. Frequenti molto poche persone...

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  5. Questa è la grande tragedia del nostro tempo, ovvero aver perso completamente il contatto con la concretezza. Nella mia infanzia sono sempre stata un po' scissa tra i due mondi: la vita di città, dove passavo i due terzi dell'anno chiusa in un appartamento, e la vita di montagna, dove trascorrevo le mie lunghe estati in compagnia di una banda di coetanei. Ricordo ancora le cose che si facevano: partecipare alla fienagione, scorzare il tronco di un albero, assistere al parto difficile di una mucca, andare nell'orto a raccogliere il prezzemolo o altre erbe... Purtroppo tra quelle non c'è stato il fatto di mungere le mucche!

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    1. Inizio a capire che c'è una grande differenza tra aver visto qualcosa, saper fare qualcosa (rispetto alla media dei miei coetanei sono molto campagnola) e sapersela cavare davvero...

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  6. L'episodio della gallina da inseguire in mezzo alla strada mi ha fatto venire in mente il mio cane. Avrò avuto 13 o 14 anni, e i miei nonni abitavano sullo stesso pianerottolo. C'erano degli amici in visita, che erano andati da loro a fare un saluto. Mentre le porte dei due appartamenti erano aperte, il cane schizzò fuori da casa nostra, entrò in quella di mia nonna, prese il telecomando della tv e scappò giù dalle scale. Lo inseguimmo con il guinzaglio per mezzo centro di Sanremo e lo recuperammo in Piazza, che faceva pipì su un palo della luce, con il telecomando ancora in bocca.

    Per quel che riguarda la parte più seria del discorso, invece, penso che la nostra generazione sia l'ibrido di due diversi mondi. Sia chiaro: io con la tecnologia mi trovo a mio agio, non sono né una persona all'avanguardia né arretrata. Per esempio, ormai faccio tutto online, credo che siano anni che non vado alle poste. Però non posso fare a meno di ricordare con nostalgia un mondo in cui era tutto più semplice, e noi non avevamo una sorta di protesi attaccata al braccio. C'era, secondo me, più voglia di sbrigarsela da soli. E, paradossalmente, anche più competenza. Il Tuttocittà ci consentiva di sviluppare un buon senso dell'orientamento mentre ora, abituati al navigatore, riusciremmo a perderci anche sotto casa nostra. I cellulari sono diventati un oggetto di uso comune quando ero alla fine del liceo, perché prima erano utilizzati solo da professionisti (ricordo lo startack di mia zia, agente immobiliare, nei primi anni 90: un citofono), quindi se penso alla mia adolescenza ricordo file lunghissime davanti a una cabina telefonica, pomeriggi passati a scrivere su un quaderno, un mondo più sano, più a misura d'uomo. Il Turbo Pascal lo ricordo anch'io. E anche il basic. Poi, all'improvviso, tutto è cambiato. Nel giro di pochi anni, siamo finiti in un'altra galassia. Mio cugino, che è nato nel 1999 e diventerà maggiorenne quest'anno, è rimasto sorpreso quando da un armadio di mia nonna era uscito uno di quei vecchi telefoni con la rotella centrale, e mi ha lasciato allibita quando mi ha detto di non aver mai visto un game-boy, che per me era l'apice della tecnologia, e poteva essere utilizzato non più di un'ora al giorno. Se noi ci siamo alienati crescendo, loro sono nati già dentro un guscio di relazioni mediate dallo schermo, di sorrisi contraffatti dai filtri di istagram. E non so, sinceramente, cosa sia peggio.

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    1. Non credo che la vita sia mai stata più semplice. Credo che in generale si avessero più competenze, nel senso che anche in assenza di una cultura codificata si sapevano fare delle cose. Chi sa fare sa anche imparare. Chi emigrava, spesso con enorme fatica, per lo più se la cavava, imparava al meglio una lingua e un mestiere. Oggi non so quanto sia facile riciclarsi. Forse persino meno di un tempo.

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  7. E qui ci scappa un racconto in cui una mamma baratta storie con cibo :D
    Ci penso anche io - e sono anche in accordo con tuo padre. A me piacerebbe saper riconoscere erbe commestibili, accendere il fuoco senza fiammiferi e altre amenità del genere :)

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    1. Il fuoco lo so accendere! A studiare archeologia qualcosa si impara, so anche fabbricare e cuocere i vasi andandomi a cercare l'argilla non raffinata...

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  8. Fare il cantastorie è sempre un bel mestiere, magari raccontare le favole della buonanotte ai bambini visto che ti sei allenata con la pupattola 😉 A pensarci bene anch'io non saprei come catturare una gallina, aimè, mentre mia nonna e mia mamma lo sapevano fare...

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    1. Il problema dei cantastorie itineranti è che i migliori sono anche musicisti e giocolieri, attività per cui io sono negata. Per poter campare in un mondo post apocalittico mi ci vorrebbe almeno un orso ammaestrato...

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  9. Mi hai fatto venire in mente le giornate campagnole della mia infanzia con le cugine, quando succhiavamo gli steli delle acetoselle (che erano aspri) e schiacciavamo pistacchi con le pietre. Mio zio aveva un maneggio e per me era una Pasqua andare da lui, tanto che il mio sogno era avere una fattoria e ritirarmi a fare crostate e conserve. La vita mi ha fatto percorrere ben altre strade, ma il progresso e la tecnologia non intaccheranno mai la bellezza e la genuinità della natura: quelle rimangono immutate.

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  10. Abbiamo perso molto, ne sono convinta; la capacità manuale in primis, ma anche quella è collegata a un sapere teorico. Un tempo questi due aspetti erano uniti: imparavi a fare le cose e le mettevi in pratica. Adesso ci sembra normale sapere tanto e non fare esperienza di niente. Non è certo un passo avanti, ma siamo pur sempre figli del nostro tempo.

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    1. Forse dobbiamo trovare un equilibrio, come sempre obiettivo difficile da perseguire.
      E, purtroppo, c'è anche chi non sa e non sa neppure fare, forse più che un tempo.

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