sabato 17 marzo 2018

Cibo colore delle nubi – racconto breve

CIBO COLOR DELLE NUBI

Il giorno in cui per la prima volta accompagnai mio padre a vendere le pelli all’emporio del forte il mercante mi diede un piccolo pane.

All’esterno era color della paglia e ruvido al tatto, ma quando lo aprii scoprii un tesoro di profumo e di bianco.

Io di bianco conoscevo le nubi d’estate, prima che si facessero grigie di pioggia. La neve che d’inverno portava la fame e assediava le tende. I petali sottili di piccoli fiori, prima che li calpestasse il bisonte.
Le nubi le inseguivo, senza poterle prendere mai. Catturavo la neve, che mi raffreddava le dita e poi andavano scaldate vicino al fuoco e si facevano rosse e dolenti. I petali invece, quando li stingevi, subito appassivano, scurendosi nel palmo della mano. 
Era bianco anche il grasso della carne di un animale appena ucciso, ma si scioglieva sul fuoco o mutava in rancido giallo. 

Non avevo mai mangiato niente di bianco, chiaro come la pelle dell’uomo che me l’aveva donato, buono, pensai, come il suo sorriso.
L’aroma riempiva la bocca prima quasi del morso. Pensai che ci si potesse saziare solo con quel profumo, ma poi lo addentai, croccante e poi morbido e dolce.
E io invidiai l’uomo bianco di un’invidia da bambino. Non per i troppi fucili, i cavalli e i cannoni. Lo invidiai per il pane e pensai che era davvero gente migliore, se poteva mangiare ogni giorno così.

Quando poi uscimmo nel cortile, vidi i soldati con le giacche azzurre tutte macchiate di fango, come cieli sporcati di nubi, che si riposavano all’ombra di quella grande tenda che non si può spostare e che chiamavano “forte”. Mangiavano piano anche loro pezzi di pane, ma le loro pagnotte erano scure, color della pelle del bisonte e ne masticavano a lungo i pezzetti, come fossero dure cotenne.


E io fui contento, allora, che ai soldati fosse negato il privilegio del cibo color delle nubi. Ma poi sorse, piano, il disagio per un popolo che sapeva colorare differenze anche con un boccone di pane.

Racconto scritto per il programma radiofonico Siamo in Onda

6 commenti:

  1. Una volta vidi un bando di un concorso per una radio. C'era da spedire un testo che sarebbe poi stato letto dallo speaker (solo i testi vincitori, presumo). Si può sentire anche l'audio del tuo testo? Mi piacerebbe molto leggere alla radio o comunque un mio racconto (quasi, quasi lo farò per il blog. Grazie per l'idea) Se pensi che quando leggo ai bambini, se sono in vena e non stanchissima, altero le voci dei personaggi. Molto più facile dietro un microfono che dal vivo. Sono timida, ma se non ci penso vado tranquilla e adoro parlare a voce. Tutto sta nel partire. Tu leggeresti un tuo testo di fronte agli altri?
    Tornando al testo: lo trovo più come una poesia che come prosa. Non so se sia una mia impressione.

    RispondiElimina
  2. Scusa la pignoleria, ma oggi nel mio post ho corretto quattro volte. Si vede che oggi ho la correzione automatica inserita. Metterei una virgola nella prima frase:
    a vendere le pelli all’emporio del forte, il mercante mi diede un piccolo pane.(dopo "forte")
    Scusa, oggi sono in fissa con me e con tutti gli altri nel correggere. Sapessi che disastri che scrivo. Argh!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Maledetta virgola, ti assicuro che prima del copia-incolla era lì.
      Per il resto, i racconti venivano letti da attori, con della musica di sottofondo e pertanto andavano pensati per questo, con un'attenzione anche alla durata. Per me è stata un'esperienza tra quelle più formative in assoluto

      Elimina
    2. Non ti preoccupare. Io sto sempre a correggere quello che scrivo...ma tant'è.
      Esperienza nuova e ricca. :)

      Elimina
  3. Molto bello il racconto, mi è sembrato di sentire il sapore del pane.

    RispondiElimina