venerdì 9 ottobre 2015

Costellazione nella cioccolata – racconto breve

Vi propongo questa settimana un vecchio racconto che, nonostante tutto, a distanza di anni da quando è stato scritto mi piace ancora. 
Si intende ambientato negli anni '70, un periodo che io non ho vissuto, ma rappresenta la mia istintiva avversione per ogni impostazione ideologica.


       Ci arrivavamo quasi correndo, appena finite le lezioni. Quando si apriva la porta, veniva addosso il fumo, più aromatico che fastidioso – sigari e pipe andavano per la maggiore in quel locale – che andava a formare un’ulteriore barriera da attraversare. Era come entrare in una dimensione differente, dove oggetti e persone avevano i contorni sfumati, privi di una consistenza precisa. Un mondo dove l’esistente doveva ancora finire di essere plasmato e le idee avevano la possibilità di assumere la concretezza del reale.
Raggomitolati intorno all’ultimo tavolo in fondo, dove il sole di un presente che non ci piaceva non poteva raggiungerci, con le tazze bollenti di caffè o cioccolata in mano, ci buttavamo in capriole di parole, felici come bimbi in un prato. Raggiungevamo la Francia, la Cina, la Russia, le rivoluzioni.  
Tra un sorso e l’altro di cioccolata o di caffè – nero e non zuccherato, perché il dolce è borghese e l’amaro proletario – costruivamo frase a frase il nostro mondo nuovo, progettando il momento in cui avremmo sovvertito quello fuori dalla porta. Esploravamo una personale Russia, infinita landa dei pensieri, fatta di suggestioni di scrittori e scorci di filmati. Nessuno di noi l’aveva mai vista, ma ci sembrava di averla attorno, con i boschetti di betulle, i soviet e il rumore delle pallottole che crivellavano i corpi dei Romanov.
Discutevamo quella sera di Ejzenstejn e di come il cinema non dovesse avere come protagonista un singolo individuo, ma il popolo intero. Come ne La corazzata Potemkin o ne Il vecchio e il nuovo. Che bel momento quello della scrematrice! I volti che si affollano intorno allo strano, metallico strumento. Ingranaggi, occhi, sorrisi che si mescolano, in un tutto che si esalta. E quando la panna sgorga come da una fonte miracolosa non ci sono eroi, ma un popolo compatto alla vittoria. E chissà che buoni quel latte e quella panna proletari! Non come questa nostra borghese cioccolata.
La cioccolata è borghese? La cioccolata è borghese! Bisognerebbe bere solo liquidi poveri, estratti con fatica dalla terra. La vodka, che viene dalla patata è proletaria, il brandy è borghese. Il vino rosso è proletario, lo spumante è borghese.  

       E io guardai la tazza con il suo liquido nero come il fondo dell’universo, con appena due sbuffi di panna, costellazioni nascenti. Mi invitava a buttarmici dentro, a esplorare dimensioni incognite. 
Intorno a me si stava già decidendo di abbandonare quel sapore abituale, sarebbe stato solo un altro passo per raggiungere quella nostra Russia pura dei pensieri e portare la realtà della sua rivoluzione. Era una sciocchezza, una piccola prova di forza prima di affrontarne altre, assai più ardue. Tutti si sarebbero controllati l’un l’altro per essere sicuri di non cedere a quella decadente debolezza. Qualcuno dei compagni aveva occhi feroci, pregustando il momento in cui avrebbe colto un altro in fallo e lo avrebbe denunciato davanti a tutti. 

     Abbassai lo sguardo alla tazza, con le sue costellazioni, mondi sconosciuti e senza dogmi. 

     Uno scarto di una frazione di millimetro, sufficiente a mutare prospettiva.

     Fu nel sorso veloce, quasi vergognoso, bevuto in fretta nel timore di essere vista dai compagni, che io abbandonai la landa immacolata dei nostri pensieri.
Quando ci alzammo, poco dopo, sapevo che non camminavo più con loro. Non vedevo più le betulle e il suono delle pallottole che accompagnava la rivoluzione non era musica. Vi sentivo dentro anche le urla dei morenti. 

12 commenti:


  1. Dunque la cioccolata è borghese!
    Mi hai fatto ricordare gli incontri, anni fa, con le mie amiche al bar, la mattina, dopo avere accompagnato i bambini a scuola: ci riempivamo di cioccolata e chiacchiere. Ma noi non andavamo in Russia o in Cina, i nostri discorsi erano terra terra. E la panna ce la ritrovavamo sulla punta del naso, quando uscivamo. Bei ricordi! Anche il tuo racconto.

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  2. Il tuo racconto mi ha fatto venire in mente l'ironica distinzione di Gaber tra le cose "di destra" e "di sinistra". Grazie per questo regalo del sabato.

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    1. L'idea era quella, anche perché in alcuni ambienti non è proprio una battuta

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  3. Stavolta non ho trovato alcun refuso, quindi sono ben nascosti ;-)
    Mi è oscuro il passaggio della scrematrice, non mi piace la cioccolata e il caffè dolce ormai per me è imbevibile! 8-)

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    1. È una scena del film "Il vecchio e il nuovo", un must per gli intellettuali di sinistra anni '70.

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    2. Eh, io i 70 li ho vissuti solo per un pelo, noi giovani intellettuali degli anni 80 ai nostri salotti proiettavamo Ghostbusters, i Goonies e I predatori dell'arca perduta ;-)

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    3. Anch'io non li ho vissuti, solo attraverso i racconti. Del resto la narrativa serve a questo, no?
      PS: adoro ancora i film che citi!

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    4. Diciamocelo: chi può essere tanto meschino da non adorarli? :D
      Aggiungo anche Corto Circuito (chi non ha desiderato la lettura superveloce di Numero 5?) e una piccola chicca: Howard e il destino del mondo!

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    5. Visti entrambi, ma non hanno segnato la mia infanzia come i precedenti (forse bisognava essere un po' più grandicelli per apprezzarli a dovere...)

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    6. Alla prossima serata Trash porta il DVD di Howard e diventa la regina della festa! ;-)

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